Il fattore fisiologico è quello che più influisce sulla vita di un autotrasportatore. Hai una sorta di orologio incorporato, e anche avendone la possibilità non riesci a dormire più di qualche ora. Me ne rendo conto subito: arriviamo a Roma sul luogo di carico attorno alla mezzanotte. All’alba saremo tra i primi a caricare. Tre ore di sonno e mi sveglio. Paradossalmente e’ come se avessi già riposato almeno per otto ore: e’ solo un bluff, la stanchezza si farà sentire nelle ore successive. ‘’Per fare questo lavoro devi conoscere alla perfezione il tuo corpo’’ mi confessa Luigi. Ha ragione, maledettamente ragione. Devi controllare quando andare in bagno, dove e quando dormire. Se non conosci i tuoi limiti sei fregato.
Rischi di mettere in pericolo la tua vita e forse anche quella degli altri. In piena mattinata cominciamo a caricare. Nel frattempo raccolgo telefonicamente qualche altra intervista. Quella di Alessandro, toscano, anche lui un piccolo padroncino con due camion e un autista dipendente. Mi spiega come la poca unione tra gli autotrasportatori sia una reale problematica. Spesso la committenza si affida a vettori stranieri, bulgari o polacchi più di tutti. Costano meno dei vettori italiani, il fulcro del problema e’ questo. Meno costi e più lavori, meno costi e più sei appetibile, meno costi e più vali. Contro ogni logica, il sistema europeo permette tutto questo, lo avvalla inconsapevolmente. La telefonata dura una decina di minuti, giusto il tempo del carico. Ripartiamo in direzione nord. Al casello autostradale di Modena Sud, dopo quattro giorni lascio Luigi e incontro Angelo, un autista barese. Anche lui e’ un piccolo padroncino. Camion quasi nuovo. Ha uno scarico in serata ad Ascoli Piceno.
Nel frattempo e’ pomeriggio inoltrato e siamo digiuni dalla colazione: ci fermiamo a Riccione. Un ristorante a poche centinaia di metri dal casello autostradale. Il suo lavoro Angelo lo definisce una tradizione familiare: anche suo padre era autotrasportatore. Un vero e proprio stile di vita. ‘’Questo lavoro ti cambia tanto, non hai hobby, non hai amici, non hai rapporti sociali’’ leggo negli occhi di Angelo un comprensibile rammarico. Anche di Domenica si sveglia alle 5 del mattino. ‘’Ho una bici, faccio qualche chilometro per rilassarmi. Alle 8 sono già a casa.’’ Alle 8 e’ a casa perché non vuole togliere tempo alla sua famiglia. E’ spostato, con un figlio. La sua ragione di vita. ‘’Alla fine lavoriamo per loro, per dargli un futuro’’. Quanto ha ragione. L’autotrasportatore passa una vita in lamiera. In solitudine perenne, per dare un futuro alle persone care. A quelle che, paradossalmente, non può viversi quotidianamente. A quelle che sente via telefono anche più volte al giorno. A quelle persone che vede un solo giorno a settimana. ‘’Non vedo i miei figli crescere’’ questo me lo hanno detto tutti. Molti vorrebbero smettere, vorrebbero tirarsi indietro: e’ difficile, quasi impossibile. L’insicurezza economica e il periodo storico non lo permettono.
Chi lavora e’ fortunato, anche se lo fa perdendo la dignità. E’ questa la schiavitu’ del nuovo millennio. Schiavi di un lavoro che ti usura. Perché sia chiaro, stare 24 ore al giorno su un camion, usura. Usura fisicamente e mentalmente. Usura inesorabilmente e senza via d’uscita. Il tempo non torna indietro, il denaro, anche poco in questo caso, non ti restituisce i sentimenti e la serenità. Tra una chiacchiera e l’altra sono arrivato a destinazione. Ringrazio Angelo per la sua disponibilità. La mia inchiesta ”Gomme scomode” e’ ufficialmente terminata. Cammino mentre trascino il mio trolley e ripenso a questi giorni passati in una cabina. Sono stanco, sinceramente. Non solo fisicamente. Finalmente a casa penso a chi non può scendere, a chi deve continuare per forza. Deve continuare per vivere, o sarebbe più corretto dire, sopravvivere. Sopravvivere ad un sistema che ti impone alcune regole poco ragionate. Un sistema con pochi controlli e poca sicurezza.
Un sistema con molti intermediari che guadagnano sulle spalle di chi lavora seriamente. Un sistema che teme il confronto serio con la categoria. Un sistema apparso ,ai miei occhi, fallato. Molte pecche, pochi punti di forza. In Italia l’autotrasporto e’ in crisi profonda. Si lavora per pagare la rata del camion, quando si riesce. In pochi giorni ho visto cose che mai avrei immaginato. L’uomo calpestato, in ogni sua forma e sostanza. Di dignità non ne parliamo. Nei loro occhi voglia di riscatto. Voglia di cambiare lo stato delle cose. Nei loro occhi un futuro diverso, un futuro migliore. In questi giorni ho percepito tanto: essere sorpassati da un’automobile non e’ snervante. Quello che fa rabbia e’ farsi sorpassare e attraversare dalla dignità, dal tempo perduto, dai sentimenti e dal sistema. Tutto questo fa rabbia. Ma bisogna osare, bisogna pigiare il piede sull’acceleratore. Bisogna svoltare perché la dignità, il tempo e i sentimenti non si possono perdere di vista, mai.
Leggi tutto sul documentario #gommescomode
• I problemi dell’autotrasporto. Capitolo 1
•Trasporto senza dignità. L’inchiesta. Capitolo 2
• La cappa del silenzio. Le confessioni. Capitolo 3
• Oltre i sentimenti, oltre le regole: al capolinea. Capitolo 4