La cappa del silenzio. #GommeScomode le confessioni. Capitolo 3

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Anche il Signore, dopo aver lavorato sei giorni, il settimo riposò. Per gli autotrasportatori non e’ sempre così, per noi fortunatamente si. Gomme scomode (#GommeScomode) riposa di Domenica. Si riposa, ma non totalmente. Un’intervista fugace è concessa: è per questo che sento Mauro, titolare di un’ autoscuola. Vorrei fare due chiacchiere con lui in merito alla formazione professionale degli autisti. Ci diamo appuntamento nel pomeriggio e cominciamo a parlare. Mi spiega dettagliatamente il rinnovo della CQC e l’iter burocratico per arrivare al volante di un tir. Non sembra così facile, sinceramente. “Il corso a mio avviso dovrebbe prevedere più ore di pratica, le dieci previste sono effettivamente poche”, va subito al fulcro della questione. “Si potrebbe ipotizzare anche una sorta di tirocinio per i neopatentati”: si riferisce ad una sorta di collaborazione tra autoscuola ed azienda, i classici tirocini formativi insomma. Tutti lo fanno, avvocati, medici, tanto per dirne alcuni; anche lui per tirare su la serranda dell’autoscuola l’ha dovuto fare.

Ed effettivamente riflettendo potrebbe essere una buona soluzione: la teoria è fondamentale, ma senza pratica si fanno danni. Qualche ora di sonno e via, si riparte. Destinazione Nola, in provincia di Napoli, dove abbiamo uno scarico da fare. “Qui sai quando vieni e non sai quando te ne vai” una semplice frase mi fa inquadrare il tutto. Temo ci sia molto da attendere. Tutto rientra nel cosiddetto tempo di impegno, che comprende sia la guida che il carico/scarico. Quindici ore giornaliere al massimo. Qualche chiacchiera con un gruppetto di autisti napoletani: sono tutti dipendenti di grandi aziende. Intraprendiamo un discorso. Alla fatidica frase “lui e’ un tirocinante giornalista” l’aria diventa tesa, improvvisamente. Due scappano, come se gli stessi chiedendo chissà cosa.

Altri due, dopo qualche minuto di titubanza, si aprano completamente. “Ora ti raccontiamo tutto” mi dicono. Sfruttamento, diritti negati, dignità calpestata, ferie non concesse, stipendi al minimo, sistemi di illegalità diffusa. “Questo lavoro la dignità te la toglie” mi confessa Francesco. O fai così oppure non lavori, è questo il sunto finale. E loro devono lavorare, sono costretti a farlo, hanno una famiglia da mantenere. Bambini piccoli che crescono vedendo il padre una sola volta a settimana, quando sono fortunati. Mi lasciano con una grande in bocca al lupo. Qualche ora di attesa e via, si riparte.

Destinazione Roma. Sosta sull’area di servizio Casilina. Qui incontriamo Angelo, un autista napoletano. Andrà in Inghilterra, undici giorni lontano da casa. “Sono quasi trent’anni che faccio questo lavoro, ho contributi pensionistici per la metà” e anche qui la situazione è chiara. Un’autista lavora sostanzialmente 24 ore al giorno, praticante a tempo pieno. Il tempo di riposo è una norma scritta solo su un pezzo di carta. La realtà e’ altra, differente. “Se non combattiamo noi questa guerra, chi la deve combattere?” per un attimo mi fa riflettere, seriamente. Angelo ha ragione. Mi mostra alcuni documenti, i numeri parlano di un cosa, la realtà che mi racconta è un’altra.

Anche qui la consapevolezza che il lavoro è necessario perché a Napoli c’e’ una famiglia che aspetta. Una famiglia che deve vivere. Da buon padre di famiglia Angelo cerca di impegnarsi al massimo. Si diventa impiegati del volante senza diritti. Se ne è consapevoli, ma nulla si può. Non ci sono alternative, spesso si pensa. L’alternativa di portare tutto fuori dalla cappa di silenzio che si è creata. Quella cappa fatta di denaro negato, tempo illimitato e dignità perduta. Quella cappa che in alcuni stanno incominciando a rompere. Quella cappa che avvalla un sistema che permette lo sfruttamento legale.

Quel sistema ormai privo di solidarietà: manca ovviamente anche la cooperazione. Il nemico per alcuni è l’autista, il suo pari. E’ il sistema che li rende nemici: nel regno del più produci più guadagni non c’e’ spazio per altro. L’io prima del noi, in tutto. Le mosche bianche sono poche, ma ci sono. Rispettano alla lettera i regolamenti. Spesso sono padroncini, non potrebbe essere altrimenti. Gli autisti dipendenti difficilmente usufruiscono del proprio tempo liberamente. Ormai è ora di cena e Roma ci attende. Qualche ora di sonno in cabina, domani e’ un nuovo giorno. Un giorno di viaggio. Altre centinaia di chilometri da macinare.

Più cammini e più guadagni. Questa legge del mercato sta distruggendo l’autotrasporto nel nostro Paese. Sta distruggendo la dignità dei principali protagonisti di tutto questo: zero hobby, zero tempo libero, pochi rapporti sociali. Gran parte della vita passata in solitudine in una lamiera. La solitudine,esattamente il contrario di cui l’autotrasporto ha bisogno, esattamente il contrario di società organizzata.

Leggi tutto sul documentario #gommescomode

• I problemi dell’autotrasporto. Capitolo 1

•Trasporto senza dignità. L’inchiesta. Capitolo 2

• La cappa del silenzio. Le confessioni. Capitolo 3

• Oltre i sentimenti, oltre le regole: al capolinea. Capitolo 4

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