Il Covid-19 ha segnato inevitabilmente la sconfitta della Scuola italiana, con una gestione politica ed istituzionale certamente non all’altezza della situazione emergenziale in essere. Incapace di fornire risposte concrete ed efficaci ai tanti giovani studenti ed insegnanti che ancora credono nella vera istruzione come segmento e valore di crescita personale.
Piuttosto è sembrato un agglomerato di inadeguatezze istituzionali, esempio rafforzativo di tale tesi è stata la gestione mediocre dello smart working, trasformato in un Picnic virtuale tra amici da condividere sui social, piuttosto che una concreta opportunità da cogliere e valorizzare al meglio in tempo di crisi. “Le fondamenta di ogni Stato sono l’istruzione dei suoi giovani” affermava Diogene di Sinope oltre 2300 anni or sono. Parole queste che dovrebbero essere scolpite su ogni edificio scolastico.
Il coronavirus ha bloccato il mondo per oltre tre mesi. Tutto si è fermato, compresa e soprattutto la Scuola che più di tutti ne ha pagato le conseguenze. Ora che si sta tornando alla normalità, persino le discoteche riaprono, ma la scuola no, se ne riparlerà a settembre, la data ipotizzata è il 14 settembre 2020. Un anno scolastico perso che non sarà mai più recuperato. Trenta o quarant’anni fa sarebbe stato inammissibile un qualcosa del genere. Le direttive ministeriali, tra l’altro, sono state chiare, si “regala” l’anno scolastico, tutti promossi, evviva!!
Non una voce di dissenso o di protesta, nessuno ha detto nulla, per tentare di far riaprire la scuola quantomeno per gli esaminandi, persino i sindacati hanno taciuto, figurarsi i genitori degli alunni. Questo è l’ennesimo schiaffo alla scuola italiana, dimostrando nei fatti che l’istruzione non conta più nulla.
Scuola italiana, come si è arrivati a tutto ciò?
Le responsabilità partono dalle riforme post 68’, poi, complice la televisione, una politica di pessimo esempio, nuovi stili di vita e nuovi modelli hanno contribuito ad inculcare nelle masse giovanili la cultura che il successo e la fama si possono raggiungere più facilmente senza studiare. In verità, se proprio vogliamo trovare un colpevole, dobbiamo analizzare la componente famiglia. In particolare quelle generazioni nate negli anni 70’ e 80’, ora a loro volta genitori, che con il pensiero, azioni e una certa pseudo – educazione hanno smontato un’istituzione svilendola nel suo ruolo, privandola di ogni sua autorevolezza, delle sue finalità sociali e pedagogiche, nonché di quei contenuti e di quelle competenze di cui è portatrice.
La scalata sociale, di mastro don gesualdiana memoria, descritta dal Verga, seppur discutibile e non condivisibile nei modi, ci mostrava un mondo la cui ambizione e voglia di migliorarsi era presente nella popolazione. Oggi si vive un appiattimento totale, persino questo fuoco è scomparso. La scuola oggi per i genitori è un “parcheggio”, un luogo per far passare le ore ai propri figli e toglierseli dai piedi, nella migliore delle ipotesi chi studia viene visto dalla società come una persona kitsch. Non sono tutti così. Fortunatamente, vi è ancora una piccola parte delle famiglie per le quali fornire istruzione, cultura e formare la coscienza delle giovani generazioni è considerato fondamentale.
Purtroppo la società sembra aver svoltato verso la fine o ridimensionamento della scuola e dell’istruzione. Non dovremo attendere molti anni che i nostri figli non saranno più in grado di sostenere discussioni e ragionamenti critici, essere padroni del proprio pensiero e del proprio agire, determinare il proprio e l’altrui futuro. Insomma progettare e programmare la società. Quasi per ironia della sorte, la frase di Yates “… la scuola non è riempire un secchio, ma accendere un incendio” sembra possa essere riferita proprio alla scuola di oggi: meditiamo!