Viaggio nella Costituzione Italiana. Intervista al Prof. Gianfranco Macrì

Forum sulla Costituzione della Repubblica Italiana in occasione dei settanta anni dalla sua entrata in vigore.

Viaggio nella Costituzione Italiana. Intervista al Prof. Gianfranco Macrì

Prosegue il nostro viaggio alla scoperta della Costituzione della Repubblicana italiana.Intervista al Prof Gianfranco Macrì professore associato di Istituzioni di diritto pubblico presso l’Università degli Studi di Salerno.

D. Professore Macrì secondo lei quale ruolo svolge attualmente la Costituzione della Repubblica italiana nell’attuale contesto politico-istituzionale. La Costituzione è ancora considerata come la Carta Fondamentale nel nostro paese?

R. La nostra Carta fondamentale ha avuto una origine fortemente condizionata dagli eventi che l’hanno preceduta: il fascismo e la guerra di liberazione hanno rappresentato i due fuochi opposti all’interno dei quali una generazione di veri uomini e donne straordinari si sono ritrovati convinti a rigettare ontologicamente l’esperienza tragica della dittatura e a trarre, dalla resistenza, la spinta ideale per elaborare un manifesto politico da consegnare alle nuove generazioni.

Quello spirito è ancora ben vivo e vitale e lo si riscontra ogni qual volta si cerca di mettere in discussione alcuni valori di fondo (la libertà, l’uguaglianza, la solidarietà, etc.) consacrati nella prima parte del documento del 1947. Dirò di più, la nostra Costituzione contiene alcuni “vettori normativi” che se correttamente messi in sintonia con le norme internazionali e di diritto europeo sono in grado di rispondere adeguatamente alle sfide della globalizzazione della società multiculturale.

R. Prof Macrì secondo il suo autorevole pensiero la Costituzione è stata completamente attuata almeno nei suoi valori fondanti?

R. Le costituzioni non sono dei prodotti statici, confezionati per durare a scadenza stabilita. Certamente le esperienze del passato ci consigliano di vigilare sulla condizione della democrazia, senza mai illudersi di aver conseguito una condizione di definitiva tranquillità. I valori sono bacini di riferimento a cui attingere per dare forma a principi in grado di rispondere alle nuove domande di coesione e questo richiede impegno costante.

La nostra Costituzione contiene un suo “Bill of Rights” scritto secondo la logica della espansività semantica e normativa e questo ci permette di dire che certamente nella parte dedicata ai diritti fondamentali – sempre più interagenti con i valori e le norme che provengono dall’esterno – ci sono i presupposti per guardare al futuro con fiducia.

Ovviamente alcune norme hanno ancora bisogno di trovare maggiore applicazione rispetto ad altre – e questo dipende da cause politiche complesse che hanno a che fare con la storia del nostro paese – ma ciò non toglie che il tasso di democraticità del sistema politico-ordinamentale italiano sia assolutamente di buon livello. Una Costituzione per restare efficiente necessita di un impegno collettivo, a cui la Repubblica (cittadini e istituzioni) è chiamata a dare costante prova di maturità.

D. Negli anni sono stati diversi i tentativi di riformare la Costituzione, nel 2001 ci si è riusciti, lo scorso anno invece il popolo sovrano ha bocciato sonoramente la proposta di modificata, secondo lei in quali parte la Carta Fondamentale avrebbe bisogno di essere riformata ed aggiornata?

R. A mio avviso, la seconda parte della Carta – quella “meccanica” – necessita di urgenti adeguamenti alle mutate condizioni sociali ed economiche di contesto (dal locale al sovranazionale). Ignorare questo dato significa vivere altrove, non capire che, come dicevo sopra, le costituzioni non sono dei monoliti freddi. Certamente le riforme rispondono meglio se sono in gradi di raccogliere ampi consensi.

Nello stesso tempo il compito della politica è quello di cercare di risolvere i problemi concreti e ha il dovere di interrogarsi anche quando è giunto il momento di mettere mano perfino ad una Costituzione. Se non lo fa si assume una grave responsabilità. Quella del 2001, come oramai sostiene la quasi totalità dei costituzionalisti (e della politica in genere) non ha sortito buoni risultati: la quantità di ricorsi pendenti davanti alla Corte costituzionale ne è la dimostrazione. Ho sperato che la proposta Renzi-Boschi superasse il vaglio referendario, ma mi sbagliavo.

Una serie di fattori ne hanno determinato la sua bocciatura. Ritengo che seppur contenente alcune criticità queste non mettessero in discussione la bontà dell’intera proposta il cui merito, a mio parere, era quello di voler dare al sistema strumenti più incisivi per risolvere problemi di struttura inconciliabili con la modernità. Sarà difficile che si ritorni nel breve periodo a parlare di riforme costituzionali. Purtroppo.

D. Infine, data la sfiducia degli italiani verso la politica e verso i rappresentanti delle istituzioni, secondo lei l’attuale classe dirigente è ancora in grado di proporre modifiche della Carta che siano in sintonia con l’esigenza dei cittadini?

R. Siamo noi che decidiamo da chi farci governare. Solo la buona politica è in grado di fare buone leggi e di sfruttare al massimo le potenzialità che la nostra Carta contiene (queste sarebbero state di più se fosse passato il referendum prima accennato: ma è una mia personale posizione, ovviamente). Detto questo, nella sua prima parte ci sono materiali “inesplorati” che ancora possono dare tantissimo alle esigenze dei cittadini.

Sulla seconda ho delle riserve; voglio sperare che si possa prima o poi ragionare serenamente su una sua importante riforma. Non viviamo una stagione felice dal punto di vista della consapevolezza democratica: tutto il sistema paese vive un (lungo, ahimè!) periodo di crisi; ma sono fiducioso che i giovani, se ben guidati e stimolati – ma soprattutto se lasciati liberi di sperimentare – possano dare un contributo importante quanto necessario.