Le antiche strade Irpine dimenticate

La Cresta del Telegrafo: non un semplice tratturo.

Leggere le tracce di un tempo lontano è un esercizio facile per colui che è in grado di immedesimarsi in quell’epoca. Affascinato da sempre dalla vita contadina e pastorale che la nostra verde Irpinia ancora ci offre, in una giornata come tante, focalizzai la mia attenzione sul valico tratturale del Monte Pergola, ovvero il promontorio che divide la piana del montorese dalla conca di Atripalda e Serino.

In un istante, alla mente, mi ritornò l’immagine del luogo così come poteva essere, prima della creazione dell’autostrada (raccordo AV/SA) e prima ancora della creazione della strada del Monte Lauro (Via dei II Principati).

E all’improvviso mi divenne tutto chiaro: l’antica strada verso il mare doveva essere quella! Non poteva essere diversamente. Senza pensarci troppo, con a seguito il mio fedele cane, mossi per le balze sommitali del Monte Pergola. Arrivato in cima, al valico tratturale, mi accorsi dell’importanza viaria del sito in epoca antica. Dalla zona denominata “Cresta del Telegrafo”, ove attualmente giace abbandonata la struttura che dà il nome al luogo, poteva essere facilmente controllata la piana del montorese e la valle dell’Irno e allo stesso tempo i territori compresi fra Atripalda e Serino per poi giungere agevolmente a Solofra.

Altro indizio, a prova della mia ipotesi, mi era dato dalla vicina fonte di acqua potabile ancora oggi esistente denominata “Acqua della Vipera”, che permette di rinfrescarsi e rifornire le borracce. Qualche giorno dopo incontrai un archeologo, e mio caro amico di vecchia data, a cui chiesidi far luce sulla questione. Così venni a conoscenza del Santuario di Aiello del Sabato.

Le aree sacre di epoca paganico-vicana nella Valle del Sabato non sono rare. Il sito in questione si trova in altura, a circa 680 metri sul livello del mare e all’incrocio di importanti direttrici  del passato. Si conservano i resti di due piccole costruzioni, di cui la prima costituita da un muro che probabilmente sosteneva una struttura lignea ricoperta da tegole. Mentre della seconda ci restano soltanto alcuni blocchetti calcarei uniti da argilla.  Il luogo di culto è molto antico e probabilmente venne abbandonato tra la fine del III sec. a.C. e i primi decenni del II sec a.C., visti i ritrovamenti di ceramiche a squame sovrapposte, orecchini, monete e monili.

In quell’epoca, in cui era in piena espansione la romanizzazione di molte popolazioni italiche, anche quella degli Irpini subì la stessa sorte. Questi ultimi , una delle tribù più numerose dei Sanniti.

Questo luogo, di cui oggi ho deciso di raccontarvi, dovette rappresentare in quel momento storico il confine fra la popolazione irpina e quindi romana degli “Abellinates” che viveva sulle rive del fiume Sabato nei pressi dell’attuale Atripalda (AV),e i greci che, provenienti dalle aree costiere della Magna Grecia di Pontecagnano (SA), si spinsero fino alla piana del montorese.

Il mio rammarico è quello di sapere questi resti di un mondo antico ancora nascosti da “madre terra”,  se da un lato ne hanno garantito la conservazione proteggendoli, dall’altro ne hanno impedito la diffusione e la conoscenza. Spero che la mia piccola avventura serva ad accendere i riflettori su questi e altri luoghi dimenticati per fare in modo che siano portati alla luce e valorizzati e al tempo stesso produrre benessere e sviluppo sostenibile. a cura de, Il vecchio saggio

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