I franchi tiratori: chi sono costoro?

Chi sia il franco tiratore è, ormai, noto a tutti: è un parlamentare che, non dichiarando il suo dissenso in pubblico, nel segreto dell’urna vota in modo difforme dall’indicazione ricevuta dal proprio Segretario Nazionale ovvero dal capogruppo.
Negli anni ’80, il fenomeno dei franchi tiratori era diffusissimo nella nostra democrazia di tipo parlamentare, fino a quando non intervenne una modifica dei regolamenti parlamentari, voluta fortemente da Craxi, che prevede il voto palese in tutte le votazioni, tranne che in quelle nelle quali si vota per eleggere un livello istituzionale della Repubblica.
Pertanto, le elezioni per il Quirinale, come quelle per la Consulta o per il CSM, sono momenti nei quali, classicamente, ha modo di esercitarsi la libertà di voto dei franchi tiratori, i quali, a volte, arrivano ad essere, finanche, la maggioranza del proprio gruppo, con conseguenze che si possono, facilmente, immaginare.

I franchi tiratori: chi sono costoro?
Ad eccezione delle elezioni di Ciampi e Cossiga, quando non fu data loro la possibilità di sabotare candidati, che avevano un consenso amplissimo, in tutti gli altri casi la storia italiana è costellata di esempi, nei quali l’azione dei franchi tiratori è stata determinante, perché sistematicamente ha impallinato i candidati, che inizialmente erano dati per favoriti nella corsa per il Quirinale, per cui – come si dice in gergo – chi è entrato Papa nel Conclave, ne è poi uscito cardinale.
Ma, cosa spinge un parlamentare a votare contro l’indicazione ricevuta?
Molto spesso, la partita per il Quirinale si confonde con altre dinamiche, che finiscono per determinare l’esito dell’elezione quirinalizia: in particolare, la sorte del Governo è sempre, più o meno, legata alle vicende collegate alla Presidenza della Repubblica, perché naturalmente il Premier in carica – di volta in volta – non può non nutrire un suo gradimento verso un candidato, per cui l’interesse è facilmente svelato.
Si vota, infatti, contro il candidato, imposto dal Presidente del Consiglio, o per determinare la caduta del Dicastero o per avere potere contrattuale, quando, in un modo o nell’altro, si dovrà comunque procedere al rimpasto della compagine dell’Esecutivo, allo scopo di avere qualche posto di Ministro o di Sottosegretario in più, in favore di questa o quella corrente.

I franchi tiratori: chi sono costoro?

A volte, invece, la partita è molto più ampia di una semplice rivendicazione ad personam, come nel caso del 2013, quando il candidato di Bersani venne impallinato da ben 101 parlamentari del PD, espressione di diverse componenti, che, in quella circostanza, fecero convergere il loro voto in chiave anti-bersaniana: anche se la certezza non potrà mai essere accertata, per ovvie ragioni, si disse che sia i parlamentari prossimi a D’Alema, che quelli vicini a Renzi, nel segreto dell’urna di Montecitorio, non votarono per Prodi, dato che i primi volevano determinare l’elezione del loro capocorrente, al posto del Prof. bolognese, mentre i secondi volevano dare il colpo di grazia alla Segreteria di Bersani e favorire l’ascesa del loro leader, così come poi, effettivamente, è accaduto.
È chiaro che la dietrologia è un esercizio retorico molto importante per le cronache parlamentari, ma poco o scarso interesse può suscitare nel franchi tiratori - prodicittadino comune, che, assistendo alle scene di un Parlamento, che non riesce ad accordarsi sull’elezione del Capo dello Stato, non può non nutrire ulteriore avversione verso le istituzioni, che si discreditano da sole, favorendo così l’azione di chi, in nome dell’antipolitica, tenta di fare breccia nel cuore e nelle menti degli Italiani.
È, però, importante annotare un elemento di riflessione: se il fenomeno dei franchi tiratori può essere patologico in talune circostanze, in quanto rischia di bloccare un Paese intero per settimane intorno all’elezione del Presidente della Repubblica o a quella di un giudice costituzionale, per altro verso esso è perfettamente compatibile con lo spirito e la lettera della nostra Costituzione, che non prevede vincolo alcuno di mandato per i parlamentari, i quali, dunque, devono – nell’esercizio delle loro funzioni – rispondere unicamente alla propria coscienza, per cui è scontato che il Senatore Tizio o il Deputato Caio possano, lontano da occhi indiscreti, decidere di mettere in difficoltà il loro Segretario Nazionale o il Presidente del Consiglio, all’unico scopo di determinare un rovesciamento, seppur traumatico, delle posizioni nello scacchiere politico di quel momento.
Infatti, quando si ragiona dei meccanismi della democrazia parlamentare, non bisogna far riferimento a criteri di efficacia o di efficienza, come quando si può discutere di un bilancio aziendale o della produttività di un’intrapresa commerciale.
Le regole della democrazia, tanto più di quella non diretta, sono tutte imperniate sul principio della sovranità popolare, che però viene – di fatto – trasferita al rappresentante eletto, quando questi, nel corso dei cinque anni di mandato, è chiamato ad assumere decisioni, delle quali non deve fornire ragione né ai suoi elettori, né ai suoi capi partitici.
Pertanto, se molto spesso interessi, finanche, non legittimi possono muovere i franchi tiratori e determinare esiti imprevisti, è anche altrettanto vero che il voto, espresso in difformità da un ordine di scuderia, costituisce una forma di espressione della libertà individuale, peraltro costituzionalmente garantita nella misura in cui è normata l’assenza del vincolo di mandato ed i regolamenti parlamentari prevedono espressamente il voto segreto, che ne è lo strumento tecnico di assoluta garanzia.
Quindi, non bisogna scandalizzarsi per l’esistenza di vicende simili: esse fanno parte della normalità e – diremmo – della fisiologia del sistema parlamentare.

I franchi tiratori: chi sono costoro?
Quanti franchi tiratori, allora, si eserciteranno, nei prossimi giorni, per far saltare il Patto del Nazareno?
Quanti lo faranno per accidia nei riguardi di Renzi? E quanti, invece, perché interessati ad aprire una pagina della storia della Repubblica italiana differente da quella degli ultimi tre anni, nei quali il Centro-Sinistra ed il Centro-Destra hanno collaborato in nome di una formula politica – le Larghe Intese – non sempre motivata da nobili principi?
Quanti, ancora, promuoveranno un voto differente, rispetto a quello impartito dai rispettivi capibastone, all’unico scopo di assicurarsi un seggio parlamentare nella prossima legislatura?
Quanti, infine, lo faranno per mettere in ginocchio Renzi e per consumare, dunque, una cinica vendetta contro chi ha la colpa di aver rottamato le classi dirigenti dell’ultimo ventennio di due partiti, come Margherita e DS, che hanno fatto la storia recente del nostro Paese?
Non potremo non assistere alle elezioni quirinalizie, sapendo bene che, forse, il copione dovrà essere integrato dall’ultimo, ennesimo colpo di scena, come già è successo nel 1978, nel 1992, nel 2006 e nel 2013.

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