Dal marzo 2013 alla fine del 2014 si registrano 160 cambi di casacca di parlamentari, suddivisi praticamente in egual misura tra i due rami (81 alla Camera e79 al Senato). Qualcuno si e’ distinto con quattro cambi di partito, come l’ex ministro Mario Mauro dal PDL a Scelta civica, a “Per l’Italia” fino a Gal, molti con tre, altri con due cambi e via discorrendo.Se pensiamo che si era verificato lo stesso numero di trasmigrazioni di parlamentari negli ultimi cinque anni, dobbiamo constatare che il fenomeno e’ in vertiginoso aumento e preoccupante tendenza. I trasmigratori politici, se non hanno un partito pronto ad ospitarli, si rifugiano nel gruppo misto che in quanto tale e‘ di vario indirizzo politico.
L’elettore in tal caso viene di fatto tradito in quanto se ha dato fiducia ad un parlamentare in quanto portatore di un programma politico si trova poi ad essere solo un supporter ad personam. Questa e’ la prova lampante che la politica e’ per certi versi e’ come un’agenzia di collocamento: importante e’ arrivare ad occupare un scranno, poi in qualche modo lo si gestisce, non importa sotto quale bandiera. E’ chiaro che in quest’ottica i programmi, gli interessi sociali ed il bene comune diventano secondari…Quindi gioca un ruolo fondamentale il cittadino-elettore che non deve sottovalutare tali comportamenti, escludere dall’elenco dei “buoni” i trasformisti, latori di comportamenti ambigui e che hanno dimostrato di intendere la politica come “affare”, quando anche non come malaffare.Alle istituzioni si chiede di penalizzare in qualche modo il cambio di formazione dei parlamentari ad ogni pie’ sospinto. Si esortano nel contempo i cittadini a promuovere azioni di protesta contro l’inattivita’ della politica a regolamentare tale materia e a bandire e criticare duramente i politici “ballerini” e trasformisti.Altra pratica non proprio ortodossa degli esecutivi di governo e’ quella del valzer dei Ministeri.
L’avvicendamento solitamente avviene quando, svolte le elezioni, la compagine che ottiene la maggioranza piazza i suoi uomini ai posti di comando che piu’ le aggradano. E fin qui nulla di strano. Ma succede anche nei rimpasti, che la stessa coalizione adotti cambi di titolarita’ ingiustificati di ministeri; ad esempio il ministro dell’Infrastrutture passa all’Agricoltura o quello della Difesa all’Economia. Tali movimenti non hanno una logica, al di fuori di quella politica che segue criteri suoi, che sovente non collima con il buon senso ed il pragmatismo. Un onorevole che ha esercitato per un po’ di tempo la conduzione di un dicastero avra’ impiegato dei mesi per organizzarsi, anche se coadiuvato da tecnici ed esperti, per studiare le giuste strategie per condurre in porto dei risultati. Quando la squadra e’ affiatata arriva il “rompete le righe”, vuoi per crisi amministrativa o solo perche’ urge “rimpastare”. In tal modo si saranno stati sprecati tempo e risorse…Le correzioni normative a tali procedure complesse e strampalate dovrebbero apportarle i parlamentari stessi modificando i regolamenti. Ma non sembra che molti di essi siano orientati a impegnarsi in tal senso. Una correzione in tal senso non e’ condivisa dai piu’ in quanto non apporta consenso immediato ne’ dai partiti, ne’ dall’opinione pubblica; inoltre lo status quo sta bene a molti, cosi’ che si continua nelle giravolte governative e alcuni di essi avranno l’occasione di essere nominati ministri, che non e’ certo una brutta avventura: il potere non logora e pecunia non olet!
a cura di Dario Alvino