Terremoto dell’Irpinia, a quarant’anni dalla tragedia non si é fatto molto per la prevenzione

40ennale terremoto, giusto e doveroso ricordare, ma quanto a prevenzione siamo all’anno zero

Terremoto dell'irpinia del 1980

Il 23 novembre ricorre il quarantennale del terremoto del 1980, il terribile evento che sconvolse il territorio irpino seminando lutti (circa tremila morti) e distruzione di case ed opifici. Per far fronte al conseguente sfacelo patrimoniale negli anni sono stati stanziati fiumi di denaro statale (50mila miliardi di lire) per ricostruire case private ed infrastrutture pubbliche; tali finanziamenti sono defluiti in molti casi con ritardi di anni ed anche di decenni.

Anche nel merito ci sono state inique elargizioni, in una parafrasi: si è dato champagne là dove era sufficiente acqua. L’evento è stato ricordato in lungo e il largo, causa Covid, sui social media da parte di Comune, Provincia, Sindacati, ecc. Papa Francesco all’Angelus domenicale ha commemorato “l’evento drammatico avvenuto in Irpinia nel 1980 e di cui le ferite non sono state del tutto rimarginate”. Giorgio Gori, attuale sindaco di Bergamo, che, essendo all’epoca uno studente universitario, prestò la sua opera di volontario a Frigento fornendo un utile aiuto ai tanti che rimasti senza casa avevano bisogno di tutto.

E questo è il risvolto buono generato dal post sisma, la solidarietà espressa da ogni parte d’Italia senza distinzioni di sorta (dualismo nord/sud o ricchi/poveri) né conflittualità sociali. Si può dire che dall’espressione di quella solidarietà nacque la Protezione Civile che, da quel giorno, si diede lo status di provvidenziale ente no-profit che sarà presente in tutte le calamità nazionali. Il sisma dell’ottanta e le numerose catastrofi che hanno sfregiato la Penisola italiana fino ai giorni nostri con alluvioni, frane, incendi, ecc. hanno rivelato tutta la fragilità di un territorio paesaggisticamente meraviglioso ma morfologicamente sfortunato, vista la conformazione frastagliata e l’incidenza di eventi tellurici. Ma cosa è stato fatto in quaranta anni per la prevenzione sismica e l’assetto del territorio? Poco.

Pensiamo che negli ultimi 160 anni, dall’Unità d’Italia in poi, il nostro territorio è stato colpito da 36 fenomeni disastrosi che hanno provocato oltre 150mila vittime e danneggiato 1.600 località, tra cui ricordiamo, oltre Avellino, Potenza, Reggio Calabria, Rimini, L’Aquila Cosenza e Messina. Tale frequenza non ci può far dormire soni tranquilli per cui attivarsi per dotarsi di case ed infrastrutture più sicure dovrebbe essere un imperativo.

Noi vantiamo in Italia un patrimonio edilizio molto datato, i centri storici di paesi e città hanno costruzioni anche secolari (paradossalmente le più sicure per solidità); ma la maggioranza degli edifici cittadini rientrano nel boom urbanistico degli anni sessanta e settanta. Tali costruzioni, essendo in cemento armato, sono stimate avere una durata media di settanta/ottanta anni, anche se tale assunto si basa su una previsione non comprovata dall’elemento storico. Pertanto a conti fatti bisognerebbe agire sui due terzi delle nostre abitazioni.

Negli ultimi anni si è legiferato in materia e dall’anno 2017 è stato lanciato il sisma –bonus, cioè un provvedimento governativo con fondo perduto e fiscalità di vantaggio per chi fosse disposto a migliorare lo standard antsismico della propria abitazione. Lo stesso provvedimento è stato rilanciato in occasione del Superbonus 110% di quest’anno, che prevede la ristrutturazione agevolata della casa con l’obiettivo di migliorare l’efficienza energetica della stessa. Finora non c’è stato un grande riscontro al sisma bonus per il disagio che l’operazione comporta: oltre ad un parziale sacrificio economico c’è anche quello logistico, cioè di essere disposti a trasferirsi temporaneamente presso altro alloggio. Pertanto finora il tirare a campare è prevalso, ma le cifre e le argomentazioni su esposte dovrebbero scuotere le coscienze di ognuno e convenire che la prevenzione sia l’unica arma che abbiamo per evitare tragedie come quelle purtroppo già vissute.