La politica, alcuni dicono ha perso i valori fondanti. Non vi è più quell’attaccamento al simbolo, quella radicalizzazione territoriale da parte dei partiti politici presenti sulla scena nazionale. E’ anche vero che, i social network, hanno superato quello che per lungo tempo è sembrato essere il vero luogo d’incontro e di formazione delle classe dirigente del futuro, la sezione.
La classe politica del passato, nel bene o nel male e commettendo anche diversi errori, ha provato a risollevare le sorti di questo Paese in un periodo storico non certamente facile. Le sezioni di partito dicevamo, hanno per lunghi anni rappresentato quella scuola di formazione naturale, quel luogo di selezione che oggi sembra esser venuto meno.
La sezione sostituita da un gruppo Facebook. Un paradosso che, in verità, sembra non avere, fortunatamente, la sua piena concretezza. Perché se la politica sembra correre veloce più dei decenni scorsi, così come del resto anche le notizie ad essa collegate, ieri più di oggi vi è la necessità di ritornare sui territori, oltre lo schermo e la tastiera di un pc. E’ il monito da lanciare soprattuto a noi giovani, alla classe dirigente che sarà, a quella che dovrà, presumibilmente, prendere alcune decisioni importanti negli anni che verranno. Perché la politica è differenza, differenza ideologica ma non solo. E le differenze si devono rimarcare, si devono mettere in evidenza. Le differenze generano scelte, anche quelle da parte degli elettori.
Seppur la storia ci ha fatto superare la dicotomia storica tra Comunisti ed Anticomunisti, cosa che la caduta del muro di Berlino ha senza dubbio favorito, non si può certamente dire che oggi siano gli stessi, ad esempio, i valori fondanti di popolari e socialisti. E questa distinzione, che supera anche i confini nazionali per affermarsi in sede Europea, trova la sua essenza anche nel nostro Paese.
Perché oltre la presunta perdita di alcuni valori, di cui all’inizio avevamo accennato, non si può perdere l’identità. Sorprendono le affermazioni recenti del vicepresidente della Camera dei Deputati, Luigi Di Maio, esponente grillino di spicco. Sorprendono un giovane che guarda al futuro avendo imparato dal passato. Perché nell’era del click veloce e dei tweet, sarebbe opportuno, qualche volta, rispolverare un libro di storia. Non fosse altro che per capire da dove, davvero, veniamo. “Tra noi c’è chi ha valori di Berlinguer,chi di Almirante,chi della Dc”, questo quanto ha asserito Luigi Di Maio nel corso di una registrazione di Porta a Porta. Una sorta di frullato ideologico, sarebbe questo, secondo il deputato grillino, la sintesi esatta del M5S. E a ben vedere non sembra avere tutti i torti. Ma pensiamoci, questo spaventa. Per chi si propone di governare il nostro Paese, almeno sulla carta in maniera completamente diversa rispetto a quanto fatto sino ad oggi, è un fatto grave. Perché la politica è idea e valori, la politica è pensiero e azione. Ammettere che, vi sia un mix di ideologie completamente dicotomiche tra loro, è un punto basso, che quasi rasenta il fondo. Perché l’elettore dovrebbe premiare le idee, che prendono il via da valori e principi.
Sarà anche per questo che negli appuntamenti elettorali amministrativi il M5S fatica sovente. Perché oltre le due opzioni politiche ed ideologiche, distinte e separate, come quelle di centrodestra e centrosinistra, il frullato ideologico grillino sembra non pagare. O paradossalmente lo fa, solo laddove la differenza tra le due più importanti proposte politiche del nostro Paese, non sembra essere poi cosi netta. Oppure laddove, cosa senza dubbio ancora più plausibile, vi è un’anomala condizione di malessere diffuso che, anche quando non si dovrebbe, lo si imputa al sistema politico del governo amministrativo.
Il frullato ideologico è un rischio, per noi giovani e per il futuro di questo Paese. Perché un cosa viene sempre interpretato da un chi. Perché, se è vero che le idee e i principi abitano e camminano nelle e sulle persone, è anche vero che le sole persone, senza le prime, non avrebbero senso si esistere. L’importante è il chi, ma fondamentale è anche il cosa. E il cosa non può essere un frullato di ideologie. Perché delle persone tra qualche anno ne parleranno i libri di storia, ma le idee, se ne avremo contezza e sapremo interpetarle e distinguerle, saranno portate avanti anche dai nostri figli.