Elezioni 2018 – Nella notte degli oscar Americani, il premio come migliore attore protagonista viene assegnato al giovane “premier” Luigi Di Maio, che, grazie al suo Movimento 5 Stelle umilia sostanzialmente gli avversari.
Il solo a tenergli testa, al quale assegniamo l’oscar come attore non protagonista è l’altro “premier”, un tantino meno giovane, Matteo Salvini, capace di “umiliare” l’alleato Berlusconi. Flop senza precedenti per il Partito Democratico del Segretario Matteo Renzi, (sotto il 20%).
Berlusconi e la sua Forza Italia deludono le aspettative, perdendo 4 punti percentuali dalla Lega. Clamoroso debacle di Grasso e la sua Liberi e Uguali.
Movimento 5 Stelle Primo partito
Oramai i dati si sono assestati, il Movimento 5 Stelle è largamente il primo partito, con il 32% dei voti. Nonostante una legge elettorale costruita per tenere lontano i pentastellati dal Governo, la compagnia di Grillo ha dominato in ungo e largo questa tornata elettorale. Clamoroso è il successo del Movimento nel Sud Italia, dove vince praticamente ovunque. Di Maio ora avrà il difficile compito di mettere a frutto le quasi 10 milioni di preferenze ricevute e trovare i numeri per formare una maggioranza di Governo.
Il centro destra prima “vince” le elezioni
Certo a “vincere” le elezioni 2018 è stato il centrodestra, con circa il 37%, tuttavia è innegabile che i conti bisogna farli con un movimento (5stelle), che da solo ha racimolato 1/3 dei voti.
Proprio a destra il secondo vincitore di giornata è Matteo Salvini, leader indiscusso di una Lega di più ampie vedute. Salvini ha combattuto due battaglie: una interna alla Lega contro l’asse Bossi-Maroni della storica Lega Nord; l’altra con Silvio Berlusconi all’interno della coalizione di centrodestra per chi si piazzava al primo posto. Salvini ha vinto tutte e due le battaglie: la sua Lega ora parla a tutta l’Italia, ha sfondato dappertutto e con il 17% di consensi raggiunge un risultato storico. Un 17% che sta davanti di ben 3 punti a Forza Italia, quindi è Salvini che può ben dire: tocca a me e non a Silvio dare le carte.
La fine del Partito Democratico.
Per quanto riguarda il centrosinistra è un cumulo di macerie, con tanti sconfitti. A partire dal Pd di Matteo Renzi, che crolla sotto il 20% e con sè trascina quanti fino all’ultimo vedevano nella sponda del governo Gentiloni un traino positivo, che avrebbe portato a un buon risultato. Gentiloni e Renzi sono stati visti come la stessa cosa, e il risultato sta lì a dimostrarlo. Toccherà ad una nuova generazione e ad un’altra leadership- e con questa disfatta certo non potrà essere Renzi- cercare di tirar fuori dalle secche il Pd, ricominciando a parlare una lingua diversa per ricostruire un percorso comune con gli spezzoni della sinistra per recuperare chi stavolta ha scelto M5S o si è astenuto.
Sconfitti anche Pierluigi Bersani, Massimo D’Alema e Pietro Grasso, fuoriusciti dal Pd che con Liberi e Uguali conquistano soltanto il 3,2%, molto al di sotto di quanto ci si aspettava. Progetto fallito il loro. Nato per far confluire in Liberi e Uguali una bella fetta di voto in fuga dal Pd, stando al risultato, si è visto invece che questo alla fine è finito dritto dritto al M5S.
Altra storia per quello che riguarda la formazione di una maggioranza in grado di governare. Toccherà al Capo dello Stato, sentiti i capigruppo che verranno nominati nel nuovo Parlamento, individuare la persona da incaricare. All’inizio sarà un incarico esplorativo, soltanto alla fine si capirà se ci saranno margini per avere un governo pienamente ancorato ad accordi parlamentari; oppure si dovrà convergere su una figura scelta dal Presidente della Repubblica per un governo con un programma ben definito.