L’ebola torna a far paura, nuovo focolaio e 17 morti in Congo. Si teme nuova epidemia

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L’Ebola è tornata! Purtroppo nelle ultime ore si fanno sempre più intense le voci di un nuovo focolaio di ebola nella Repubblica domenicana del Congo. Le prime indiscrezioni arrivano dall’Oms, secondo l’organizzazione mondiale della sanità ci sarebbero almeno 17 morti nel nordovest del paese. Fonti locali parlano di emergenza pubblica di portata internazionale.

L’Oms ha immediatamente inviato sul luogo incriminato un centinaio di esperti per cercare di contenere il fenomeno, evitando dunque il ripetersi della drammatica strage provocata dal virus ebola poco meno di 2 anni fa, con 30 mila contagiati e oltre 11 mila vittime. Il focolaio in questo momento risulta attivo nella provincia di Bikoro. Tutto ha inizio lo scorso mese, quando i medici del posto hanno segnalato 21 casi sospetti di febbre emorragica, e due campioni su cinque raccolti e inviati a Kinshasa sono risultati positivi.

La malattia da virus Ebola (Evd) è una febbre emorragica che si trasmette alle persone da animali selvatici infetti; si diffonde all’interno della comunità per contatto diretto: con gli organi, il sangue e gli altri fluidi biologici (saliva, urina o vomito) di soggetti infetti (vivi o morti). 

Con quello attuale, si contano ben nove focolai nella Repubblica Domenicana del Congo da quando l’Ebola è stata individuata, l’ultimo dei quali nel 2017. «La prorità è arrivare a Bikoro per lavorare con il Governo della Drc e gli altri partner – ha affermato Peter Salama, vicedirettore dell’Oms – lavorare in maniera coordinata sarà vitale per contenere questa malattia mortale». L’Oms sta per inviare nel Paese epidemiologi, medici, esperti di logistica e anche team di supporto alle vaccinazioni, nel caso si decida di utilizzare il vaccino ancora sperimentale, e sono anche stati allertati i paesi confinanti.

Ecco in forma di decalogo cosa sapere sull’epidemia e cosa fare in caso di rischio.

  1. In Italia non sono stati registrati casi di trasmissione del virus Ebola.
  2. In generale in Europa, il rischio di un’epidemia è improbabile.
  3. Le autorità sanitarie pubbliche dell’Unione europea possono rilevare e confermare in modo efficiente i casi di Ebola e quindi prevenire la sua diffusione. Casi isolati secondari si sono verificati negli Usa e in Spagna tra gli operatori sanitari.
  4. Il virus Ebola non è contagioso come, per esempio, quello dell’influenza, poiché non è trasmissibile per via aerea. Si trasmette attraverso il contatto diretto con fluidi corporei o oggetti contaminati da fluidi corporei di persone malate. Anche il rischio di trasmissione secondaria in contatti stretti e personale sanitario è molto bassa se sono rispettate le procedure di sicurezza.
  5. Chi rischia di più sono gli operatori sanitari e il personale delle organizzazioni umanitarie non governative, che forniscono assistenza e cure mediche nelle zone colpite da Ebola.
  6. Chiunque rientri da un viaggio compiuto negli ultimi 21 giorni in un’area epidemica o sia stato a contatto con un caso di Ebola negli ultimi 21 giorni, in caso di comparsa di sintomi riconducibili alla malattia (febbre superiore a 38,6°C), deve subito contattare telefonicamente il proprio medico curante o la struttura ospedaliera più vicina.
  7. La persona che ha avuto un contatto con un caso di Ebola deve comunicarlo immediatamente al proprio medico curante o alla propria Asl per la profilassi adeguata.
  8. I medici, gli infermieri e i volontari delle organizzazioni non governative al rientro dai Paesi epidemici seguono un protocollo di sicurezza prestabilito. Il responsabile della missione deve certificare l’assenza di esposizione al rischio del volontario oppure che abbia completato il periodo di sorveglianza sanitaria prima di mettersi in viaggio. Il rientro in Italia è tracciato. Un nuovo controllo sanitario è previsto all’arrivo nell’aeroporto italiano.
  9. La rete sanitaria delle emergenze ha in atto protocolli per la gestione e il trasporto in sicurezza del caso sospetto in strutture ad alto isolamento.
  10. La diagnosi e il trattamento precoci aumentano la sopravvivenza.

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