Lavoro subordinato: i rischi del datore che assume lavoratori In nero

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Ai sensi dell’art. 2094 c.c. viene considerato come prestatore di lavoro subordinato colui il quale si obbliga, a fronte di una retribuzione, alla collaborazione all’interno dell’impresa attraverso la sua opera manuale o intellettuale, sottostando alle dipendenze ed alla direzione dell’imprenditore.

Il rapporto lavorativo, come ribadito più volte dalla Corte di Cassazione (cfr. sentenze nn. 2165/69, 3372/72, 4149/86), può nascere anche da un accordo tacito stipulato mediante un comportamento concludente ed univoco, a condizione che comunque preveda condizioni lavorative e retribuzione conformi ai contratti collettivi di categoria, ovvero alle singole norme legislative.

Ciò premesso, si parla comunemente di lavoro “in nero” o lavoro irregolare allorquando il rapporto di lavoro subordinato si sia instaurato senza che il datore abbia adempiuto all’obbligo di comunicazione alle autorità come Inps, Inail o Centro per l’Impiego, dell’inizio del rapporto di collaborazione con il lavoratore.

Orbene, un tipo di rapporto giuridico come quello poc’anzi descritto, oltre a rappresentare una grave lesione dei diritti fondamentali dell’individuo, della dignità e della personalità, non offre al lavoratore alcuna garanzia di tipo previdenziale, ma, soprattutto, lo priva di qualsivoglia tutela giuridica per la sua sicurezza, incolumità e salute.

Lavoro subordinato le sanzioni

Lo Stato, dal canto suo, tende a reprimere con aspre sanzioni tali comportamenti illeciti da parte dei datori di lavoro, i quali sfruttano mano d’opera a basso costo senza essere vincolati al versamento di contribuzione alcuna; ciò accade, talvolta, nell’ignoranza delle cifre delle sanzioni previste (D.Lgs. 151/2015): a) da euro 1.500 a euro 9.000 per ciascun lavoratore irregolare, in caso di impiego del lavoratore sino a trenta giorni di effettivo lavoro; b) da euro 3.000 a euro 18.000 per ciascun lavoratore irregolare, in caso di impiego del lavoratore da trentuno e sino a sessanta giorni di effettivo lavoro; c) da euro 6.000 a euro 36.000 per ciascun lavoratore irregolare, in caso di impiego del lavoratore oltre sessanta giorni di effettivo lavoro.

Dunque, impiegare lavoratori nella propria impresa senza adempiere agli obblighi imposti dalla legge comporta dei rischi come quelli summenzionati, ma, si badi, non sono gli unici.

Il lavoratore subordinato, quale contraente debole, può sentirsi obbligato ad accettare di lavorare in nero perché vincolato dalle più svariate motivazioni; va da sé, però, che il lavoratore stesso può farsi promotore di un’azione legale contro il datore, ovvero ha facoltà di denunciare i fatti all’Ispettorato del Lavoro presso la Direzione Provinciale del Lavoro di pertinenza, ovvero può rivolgersi alla Guardia di Finanza e sporgere denuncia (anche in totale anonimato).

Inoltre, si rileva che spesso il lavoratore decide di intraprendere una vera e propria azione giudiziale nei confronti del datore di lavoro, finalizzata all’accertamento in sede civile (nello specifico la competenza è del Tribunale Civile – Sezione lavoro) della sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato, evidenziando gli elementi fondamentali rivelatori della subordinazione, ovvero: 1) la sottoposizione del lavoratore al potere direttivo, gerarchico e disciplinare del datore di lavoro; 2) nell’osservanza di un orario di lavoro costante; 3) nella corresponsione della retribuzione a scadenze prestabilite; 4) nell’obbligo di giustificare assenze o ritardi; 5) nell’assenza di una qualsivoglia struttura di tipo imprenditoriale in capo al lavoratore.

Pertanto, a supporto della domanda giudiziale, il lavoratore potrà dotarsi di prove documentali e testimoniali e di un conteggio delle proprie spettanze (elaborato da un commercialista o un consulente del lavoro) da cui evincere l’inquadramento della propria mansione nei contratti nazionali di categoria, le retribuzioni spettanti per legge, gli orari di lavori ordinari e straordinari, le competenze maturate, differenze rivalutazioni ed interessi, T.F.R., e chiedere, dunque, la condanna del datore di lavoro al pagamento di tutte le eventuali difformità retributive maturate a titolo di differenza sulla retribuzione mensile, tredicesima e quattordicesima mensilità, ferie non godute e non pagate e lavoro straordinario.

a cura di Avv. Flavio Falchi

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