L’esito delle elezioni regionali in Campania è, quanto mai, incerto: infatti, ad oggi, i due principali candidati, De Luca e Caldoro, rappresentano rispettivamente due debolezze, più che altrettante forze. Ciascuno di loro ha un punto debole molto evidente, per cui l’esito delle elezioni, qualora fossero i concorrenti, sarebbe imprevedibile. Il Sindaco di Salerno ha l’enorme palla al piede della condanna in primo grado per abuso, per cui l’applicazione della Severino, di fatto, indebolisce molto la sua posizione: egli, in qualità di sfidante del Presidente uscente, dovrebbe attaccare ogni giorno per le cose non fatte o, eventualmente, mal fatte dal suo avversario, mentre si trova a dover difendere, incessantemente, l’opportunità politica della sua discesa in campo, visto che tutti – da Sinistra, come da Destra – gli contestano l’inevitabile difficoltà derivante dai rigori della legge, che ha già mietuto vittime illustri, come Berlusconi in primis. Caldoro, invece, è reduce da cinque anni di governo regionale, nel corso dei quali non ha – obiettivamente – commesso errori clamorosi, ma neanche si è distinto per operazioni politico-amministrative, che lasceranno il segno nella storia della nostra tartassata regione. Infatti, il suo impegno è stato, essenzialmente, concentrato sulle vicende di natura finanziaria, ma il conseguimento dell’obiettivo del pareggio di bilancio è stato realizzato con altissimi costi sociali, dato che sono stati inferti colpi mortali, in particolare, al sistema sanitario ed a quello dei trasporti pubblici. Ma, il Governatore uscente paga, soprattutto, gli effetti delle lotte intestine al Centro-Destra, che sono scoppiate dopo il crollo berlusconiano: i Cosentiniani, infatti, avrebbero deciso di sostenere il candidato del PD, ma soprattutto, all’interno dell’alleanza moderata, si respira da tempo un clima di smobilitazione, che certo non agevola un candidato nel bel mezzo della campagna elettorale. Pertanto, sia pure per motivi diversi, sembra davvero che nessuno dei due debba essere il futuro Presidente della Giunta Regionale: le operazioni politiche, in corso in queste ore, ne sono la dimostrazione esemplare. Da una parte, c’è il Presidente del Consiglio, che è infastidito dalla candidatura di De Luca, perché ben intuisce che l’opinione pubblica nazionale non gli perdonerebbe il suo atteggiamento debole verso un rappresentante del proprio partito – condannato, sia pure, solo in primo grado – a fronte invece della posizione, giusta e legittima, avuta verso Lupi, che non era neanche indagato. Inoltre, la candidatura di De Luca presenta una debolezza non da poco: intorno a lui si sono, ad oggi, riunite solo delle forze civiche, che nascondono – per lo più – delle correnti di Forza Italia, riottose verso la riconferma di Caldoro. Infatti, nessuna forza, che attualmente governa a Roma con Renzi, si avvicinerà al PD, se non verrà cambiato il candidato alla Presidenza: sia Alfano, che Casini – i quali, pure, vorrebbero correre in Campania, riproponendo la medesima alleanza romana – hanno, espressamente, chiesto al Premier il sacrificio del vincitore delle primarie come “conditio sine qua non” per l’apparentamento nella regione più importante del Sud. Finanche, Sel, che pure è un partito di opposizione in Parlamento, si è più volte dichiarata disponibile ad un’alleanza di programma in Campania, purché venga eliminato l’imbarazzo rappresentato dalla candidatura deluchiana. Non è un caso se, ad oggi, manifestazioni di leaders nazionali con De Luca ancora non si sono svolte, né sono in programma, a testimonianza – appunto – del disagio, che il PD sta vivendo per la vicenda campana, che definire kafkiana non è audace. Nel campo della Destra, le vicende odierne, pure, fanno presumere il cambio del cavallo in corsa: l’eventuale alleanza del Centro con il PD metterebbe in posizione di fuorigioco Caldoro, che ritirerebbe la sua candidatura, sapendo bene di andare incontro ad una sconfitta sicura, per cui, in quel caso, scenderebbe in campo l’ex-Ministro Mara Carfagna, la quale presenta due grandi virtù: è nel cerchio magico di Berlusconi e potrebbe, intorno a sé, raccogliere il maggior numero possibile di correnti di Forza Italia, visto che – per anni – è stata, di fatto, la leader di quel partito nella regione più popolosa del Centro-Sud. Se la candidatura della Carfagna non assicura, invero, la vittoria a maggio, presenta però il grande vantaggio di essere quella meglio indicata per riunire i moderati sotto i vessilli berlusconiani. Come si vede, a meno di un mese dalla presentazione delle liste, i giochi ancora non sono fatti e tutti – partiti e giornalisti – sono in attesa di ricevere notizie, che possono sconvolgere il quadro odierno, che già di per sé offre un minor numero di certezze di quante era possibile auspicare subito dopo la celebrazione delle primarie del PD. Ma, se tutti sono attenti agli organigrammi, ci si domanda quali siano i programmi delle formazioni in campo, perché è evidente che il futuro Governatore campano dovrà affrontare emergenze di grandissimo rilievo, da quella ambientale a quella sanitaria, da quella economica a quella turistico-promozionale, potendo contare su fondi davvero esigui, che ne limiteranno – indubbiamente – il potere di spesa, che, in tali casi, costituisce l’arma principale per fare uscire un territorio complesso da una condizione di disagio, che ormai si è cronicizzata e che non risparmia alcuna provincia, dato che gli effetti della crisi si avvertono, indifferentemente, sia nelle aree più densamente popolate, che in quelle dell’entroterra, classicamente meno popolose e, quindi, con minori problematiche in termini di legalità. In qualità di cittadini e di osservatori dei processi istituzionali, non possiamo non augurarci che il prossimo inquilino di Palazzo Santa Lucia sia all’altezza del suo compito, dimostrando capacità amministrativo-gestionali fuori dal comune ed una sensibilità politica accentuata, che gli deve consentire di far divenire nazionali le tematiche che non sono, solo, di respiro meramente metropolitano o regionale.
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