Governo Renzi – L’elezione di Mattarella apre scenari imprevisti per il Governo, che dovrà, nei prossimi mesi, rimodulare la sua azione, anche, in funzione dei cambi di maggioranza, che ineluttabilmente si produrranno per effetto delle scelte fatte – sabato mattina – in occasione della quarta votazione da parte dei vari gruppi parlamentari.Infatti, l’asse Renzi-Berlusconi è venuto meno, per cui non crediamo che sia possibile che, in futuro, ci siano soccorsi azzurri per evitare eventuali crisi di Governo.
Il Premier dovrà fidarsi solo del suo alleato principale, il Ministro degli Interni, Alfano, il quale però ha perso per strada alcuni parlamentari, che non hanno votato per Mattarella e che, dunque, saranno risucchiati nell’orbita di Berlusconi.
Come, allora, integrare la maggioranza odierna?
Le soluzioni possibili sono diverse, ma offrono vantaggi dubbi.
Innanzitutto, è possibile che una parte di quei forzisti, che hanno votato, seguendo l’indicazione di Renzi, possano a breve entrare nel NCD, per cui i deputati, persi per un verso, potrebbero essere compensati con i movimenti, che si verificheranno – nel senso opposto – dal partito di Berlusconi.
In questi casi, si fa il saldo fra quanti si perdono e quanti si guadagnano, per cui è presumibile che, attratti dalla chance di affiancare l’azione dell’Esecutivo, molti senatori di Forza Italia abbandoneranno il Cavaliere e si avvicineranno al Premier, entrando – appunto – a far parte della formazione di Alfano ovvero formando un gruppo autonomo, che si siederà al tavolo della maggioranza per trattare, costituendosi come nuova soggettività politica.
Un’altra ipotesi, anche se solo scolastica, è quella afferente ai dissidenti grillini, i quali, in buon numero, hanno lasciato il M5S, dando vita ad un gruppo di circa trenta unità, che – pur non entrando a far parte in modo organico della maggioranza – potrebbero, di volta in volta, decidere di dare un sostegno all’Esecutivo su singoli provvedimenti.
La terza ipotesi è quella, culturalmente, più seducente, ma assolutamente la meno probabile: riportare Vendola nell’area di Governo.
In tal senso, però, Renzi dovrebbe rinnegare tutto ciò che ha fatto in questi mesi, cambiando il Jobs Act, modificando radicalmente sia la bozza di legge elettorale, che la riforma costituzionale.
Sappiamo bene come sia impossibile che il Premier, di fatto, cancelli un anno di lavoro, per tornare alla medesima condizione del 2013, quando il PD bersaniano non era autosufficiente e, nonostante i voti di Sel, non poteva contare su numeri certi al Senato.
La quarta ipotesi, peraltro presa in considerazione da qualche commentatore, è quella del voto anticipato, tanto più probabile, qualora la situazione politica dovesse crollare nella prossima primavera.
Questa soluzione ci appare, invero, ancora più inverosimile della precedente, dal momento che non esiste, oggi, una legge elettorale in grado di garantire la giusta governabilità, per cui – andando alle urne – si rischierebbe di creare un nuovo Parlamento, ancora più caotico di quello, appena, sciolto.
Inoltre, ci appare illogico che un Presidente della Repubblica, eletto nel mese di gennaio, possa nella tarda primavera mandare a casa i deputati ed i senatori, che lo hanno portato al Quirinale, per cui il Premier non può fare altro che ridefinire l’accordo con Alfano ed auspicare che la truppa dei dissidenti ex-berlusconiani divenga sempre più numerosa, fornendo a lui un prezioso aiuto a Palazzo Madama, dove la condizione è più complessa, per effetto della drastica riduzione del gruppo alfaniano.
Peraltro, c’è un interrogativo, che andrà sciolto nei prossimi mesi, quando la Camera varerà, in via definitiva, l’Italicum e, dunque, Mattarella dovrà decidere in merito al suo profilo di costituzionalità.
Se la legge dovesse incontrare le obiezioni del Capo dello Stato, ineluttabilmente si complicherebbero i piani di Renzi, il quale sa bene che, altrimenti, egli può arrivare a governare il Paese fino alla primavera del 2016, mentre, in caso di complicazioni possibili, dovrebbe chiedere al Presidente della Repubblica di andare al voto anticipato, solo in presenza di un dispositivo elettorale, che dia certezze su governabilità e rappresentatività.
Se tale meccanismo non dovesse essere varato entro il 2015, diventerebbe improbabile sciogliere le Camere con il Consultellum ancora in vigore, che non assicura la formazione di un Governo all’indomani della consultazione popolare, a meno che non si vogliano creare le premesse per l’ennesima maggioranza spuria della storia recente italiana.
L’arbitro è Mattarella ed a lui toccano decisioni rilevantissime per l’Italia, visto che la forza mediatica del Presidente del Consiglio, prima delle elezioni quirinalizie, aveva fatto registrare una notevole battuta d’arresto.
Soprattutto, non siamo sicuri che il capolavoro, che Renzi ha realizzato nel far eleggere il nuovo Capo dello Stato, possa tornargli utile sia nell’articolata dialettica parlamentare, che nella crescita del consenso popolare nei suoi riguardi.
La cultura democratica di Mattarella e le sue capacità di grandissimo mediatore costituiscono l’unica certezza autentica, a cui l’Italia può guardare con favore nei difficili passaggi istituzionali, che ci aspetteranno, a fronte di una crisi economica che morde e che, non migliorando a breve, crea ulteriore distacco fra la pubblica opinione e le istituzioni repubblicane.
Rosario Pesce