Giordano Bruno e la difesa dell’Occidente

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Ieri, si commemorava il quattrocentoquindicesimo anniversario della morte di Giordano Bruno, arso vivo a Campo dei Fiori, a Roma, dall’Inquisizione, perché non intendeva rinnegare la sue idee rivoluzionarie, che erano in aperta contraddizione con la lettura ed interpretazione dei Vangeli, che, in quel momento storico, faceva la più potente istituzione politica mondiale: la Chiesa cattolica.

Bruno, per il suo atto di eroismo, è divenuto un modello per l’intera Europa, per cui, a distanza di quattro secoli, ancor di più rispetto ad altri conclamati campioni della cultura moderna e rinascimentale, Egli è ricordato come il punto di riferimento essenziale per chi, in modo impavido, non ha timore nel predicare la propria Verità, finanche quando questa contrasta apertamente con quella – universalmente – riconosciuta come tale.

L’Occidente, senza alcun dubbio, nella versione odierna, è nato nel corso del Cinquecento e dell’età moderna, quando tanti scienziati e filosofi, mostrando analogo coraggio, hanno messo in discussione i fondamenti della cultura del loro tempo, contraddicendo fortemente il principio di autorità, che invece era il pilastro del potere – culturale e civile – della Chiesa cattolica, che, in un momento storico di importanza capitale per l’Italia, aveva il privilegio di esprimere il Verbo, che tutti gli altri potenti del mondo dovevano a loro volta predicare, a meno che non avessero voluto essere scomunicati e, quindi, cadere in disgrazia, come capitava a tutti coloro che non obbedivano alla Parola del successore sul soglio di Pietro.

Fortunatamente, nonostante le sconfitte subite dal pensiero liberale fra Cinquecento e Seicento, poi la storia dell’Occidente ha conosciuto una svolta essenziale, quale quella rappresentata dall’Illuminismo, per cui il sacrificio di Giordano Bruno – e di tanti come lui – non è andato perso. A partire dall’Ottocento, valori come quelli della libertà di pensiero, di parola, di stampa, sono divenuti il vero “heimat” dell’Occidente, l’autentico fattore di distinzione fra la civiltà europea e tutte le altre, che tardano, tuttora, a riconoscersi in tali, nobilissimi principi.

Il pericolo terrorista di impronta islamista, riesploso in queste ultime settimane, a seguito delle note vicende libiche, siriane ed egiziane, ripropone l’antico dilemma della nostra età moderna: può una cultura confessionale ed illiberale tentare di sconfiggere una civiltà, che si fonda sul principio di laicità e sul primato delle libertà? Purtroppo, agli inizi del XXI secolo, qualcosa è successo nel mondo, che ha peggiorato sensibilmente la condizione di vita degli esseri umani, finanche di quelli che vivono nella nobilissima Europa, che sembrava, invece, dover caratterizzarsi come un’isola di felicità e di democrazia.

Il crollo del Comunismo e di tutte le ideologie totalitarie del cosiddetto “Secolo Breve” ha fatto sì che l’intolleranza prendesse il sopravvento, per cui non si può negare che – a distanza di un decennio – l’evento, che ci condiziona tuttora, sia l’attentato alle Torri Gemelle di New York, progettato e realizzato al fine di colpire due fondamenti della nostra civiltà: la libertà religiosa e, soprattutto, quella di intrapresa commerciale, visto che quei due edifici erano il simbolo dell’opulenza e delle libertà economiche dell’Occidente.

A distanza di più di dieci anni da quell’episodio tristissimo, la situazione è – ulteriormente – peggiorata: non solo gli Stati Uniti, ma l’intera Europa – sia quella nordica, che quella mediterranea – sono sotto scacco, per cui la paura di un attentato è sempre molto alta, dato che non è possibile mai prevedere dove ed in che modo esso possa consumarsi, nonostante l’acume indubbio dei nostri strumenti ed agenti di intelligence. L’uomo, tanto più quello moderno, che necessita della vita di relazione, così come ha bisogno di ossigeno per respirare, non può invero vivere succubo della paura di incontrare la morte in una maniera violenta e disumana.

Già, una siffatta paura costituisce un successo per i terroristi, perché la psicologia collettiva è il primario fattore dell’equilibrio politico di una società, per cui, se viene drammaticamente meno questo, ineluttabilmente cade l’architrave della modernità. Ma, possiamo darla vinta a terroristi, che ammazzano crudelmente in nome di Dio?

La risposta non può essere che negativa, visto che, come tanti novelli Giordano Bruno, ciascuno di noi, nella contingenza attuale, è chiamato a fornire il proprio prezioso contributo – ideale e culturale – per migliorare il consesso civile e per privare, quindi, gli assertori dell’oscura violenza di quel brodo di coltura, nel quale essi, finora, sono cresciuti e si sono moltiplicati, arrivando a minacciare l’Occidente dall’interno, nonostante si credesse che l’Europa ed il Nord-America avessero, ormai, sviluppato i necessari anticorpi, per non rimanere vittima di un disegno criminale tanto scellerato, quanto inumano. Se si saprà sconfiggere questa ennesima minaccia, Giordano Bruno – e, con lui, ciò che la sua memoria, simbolicamente, rappresenta – non sarà morto invano.

 a cura del Prof. Rosario Pesce

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