La grande crisi economica e finanziaria dello scorso decennio, la più grave degli ultimi 80 anni, ha lasciato il segno in tutte le macro-aree geografiche mondiali. Le differenze, però, sono sensibili da zona a zona. Basti pensare, ad esempio, agli Stati Uniti, il paese, oltretutto, dal quale si è originata la crisi. Grazie anche ad avvedute ed immediate risposta da parte della Federal Reserve, come il quantitative easing (replicato dalla BCE troppo tardivamente) e un drastico taglio dei tassi per rimettere in moto la macchina economica nazionale, la crisi, a distanza di dieci anni, si può dire superata. Con indubbi benefici per i cittadini statunitensi.
Crisi economica: situazioni assai differenti all’interno dell’Unione Europea
Non si può dire altrettanto, purtroppo, per altre aree del mondo, anche se in alcune, come l’Europa, la situazione è assai diversa da nazione a nazione. La Germania, nonostante viva una fase di contrazione della propria economia, è riuscita a tornare ai livelli pre-crisi trascinando, nel suo complesso, l’intera Unione Europea. Un segno tangibile, in tal senso, lo dimostra il potere d’acquisto dei lavoratori tedeschi, il migliore a livello europeo (+8% negli ultimi dieci anni). Non si può dire altrettanto, purtroppo, per quanto concerne la nostra cara e amata Italia. Ed il termometro del potere d’acquisto dei cittadini dello Stivale, ne è la più fulgida testimonianza: nel decennio intercorso fra il 2008 (avvio della crisi dei mutui subprime) e il 2017, è crollato di quasi il 9%. Solo Grecia (-30%) e Cipro (-15%) hanno fatto registrare passivi più pesanti.
Un dato allarmante, che potrebbe peggiorare, ulteriormente, nei prossimi anni. L’economia europea, a causa anche della già citata “frenata” della locomotiva tedesca, arranca e le previsioni non volgono certo all’ottimismo. La Banca Centrale Europea, memore degli errori commessi in passato, è intervenuta immediatamente con politiche economiche anticonvenzionali, quali il ripristino del Quantitative Easing e un ulteriore taglio dei tassi di interesse (da -0,40 a -0,50%). In base anche ad una recente analisi dell’Istat, oltretutto, il 20% dei nostri connazionali sarebbe a rischio povertà. Una situazione drammatica, causata da molteplici aspetti. In primis, la disoccupazione o, più in generale, lavori non adeguatamente retribuiti. L’aspetto salariale, d’altronde, è fortemente condizionato dall’elevata imposizione fiscale, che affossa, spesso, gli imprenditori delle piccole e medie imprese, la colonna vertebrale dell’industria nostrana, e alleggerisce sensibilmente la retribuzione del lavoratore.
Arrotondare lo stipendio: il trading online può rappresentare una soluzione
Non è casuale, di conseguenza, che molti italiani cerchino, in ogni modo, di arrotondare il proprio stipendio con le cosiddette “entrate extra”, in modo da garantire a sé stessi, o al proprio nucleo famigliare, una vita più serena e tranquilla. Trovare un secondo lavoro, data l’infima offerta del mercato italiano, non è un’impresa semplice. Alcuni tentano la fortuna nel network marketing, rimanendo, poi, a bocca asciutta, a causa anche dell’elevata concorrenza nei vari settori che operano con questa tecnica di vendita. Negli ultimi anni, invece, si è registrato un forte aumento delle persone che operano nel mondo del trading online, che riscontra un costante e deciso gradimento da parte dei risparmiatori di ogni angolo del mondo. Italiani inclusi.
Una modalità che consente di investire anche piccole cifre, come formichine che costruiscono, poco a poco, il proprio nido. Nell’ultimo anno, grazie anche all’andamento favorevole dei mercati, diversi risparmiatori hanno potuto registrare delle ulteriori significative entrate, riuscendo ad implementare il proprio budget mensile di spesa. In alcuni casi, il trading online ha fatto svoltare completamente la vita di diverse persone, che hanno visto aumentare nettamente il proprio patrimonio e conoscono tutti i segreti di come diventare milionario. Il trading online, però, premia gli audaci: investire, infatti, comporta sempre l’accettazione, da parte del risparmiatore, di un determinato rischio. Soprattutto in una fase come quella attuale, dove il cosiddetto “free-risk” non garantisce alcun rendimento positivo.