Raddoppiati casi covid in tutto il Mezzogiorno. Oltre 4000 nuovi contagi da coronavirus in Campania in poco meno di 15 giorni (23 Settembre – 6 Ottobre), numeri preoccupanti se si considera che nel momento più duro della Pandemia (Febbraio-Maggio), la regione Campana era riuscita a contenere in maniera ottimale la diffusione del virus.
In poco meno di tre mesi, essenzialmente relativo al periodo estivo, i nuovi casi da Covid-19 in Campania sono invece più che raddoppiati, passando dai circa 4300 del periodo di Lockdown agli oltre 10 mila del periodo Luglio – Settembre. Arrivando a toccare complessivamente 15.160 casi e 468 decessi. Numeri preoccupanti e che vanno certamente gestiti in maniera oculata per non rischiare di trovarsi nel periodo invernale e dunque della stagione influenzale, in una condizione di emergenza ingestibile per la Sanità Campana.
TERAPIE INTENSIVE, IN CAMPANIA 600 POSTI LETTO. NON TUTTI DISPONIBILI PER I CASI COVID
E’ doveroso inoltre sottolineare come ad oggi in Italia le terapie intensive a pieno regime o in fase di attivazione siano circa 8mila. La Campania al momento può disporre di circa 600 posti letto predisposti per ospitare pazienti che necessitano più o meno urgentemente di una ventilazione meccanica. Ecco perché, prima di lamentarsi delle ordinanze restrittive rilasciate dal Presidente Vincenzo De Luca, bisognerebbe ragionare anche su scenari futuri non necessariamente piacevoli. Anche perché, ad essere onesti, i primi responsabili dell’aumento dei contagi siamo noi cittadini.
I numeri parlano chiaro, raddoppiare il numero dei nuovi contagiati da coronavirus nel solo periodo estivo, significa, senza appellarci a futili giustificazioni, che ci siamo lasciati andare oltremisura. Un comportamento poco responsabile che tuttavia non è stato solo campano. Secondo i dati elaborati dall’Unsic, sindacato datoriale Italiano, tutte le regioni del mezzogiorno hanno più che raddoppiato i nuovi casi da covid-19 in poco meno di tre mesi, passando da un complessivo 16.491 casi registrati fino al 31 luglio agli oltre 40.000 attuali.
Ribaltamento geografico: Il coronavirus si diffonde più al Sud che al Nord. Raddoppiati casi covid.
Il Covid ha ripreso la sua corsa nel periodo autunnale, anche se in realtà non si era mai fermato, piuttosto durante l’estate abbiamo provato a dimenticarcene, sicuramente sbagliando, considerando il numero di contagi in evoluzione in queste ultime settimane. Va tuttavia evidenziato che oggi abbiamo un sistema sanitario più organizzato, e seppur non abbiamo ancora la disponibilità di un vaccino anti-covid, si ha una conoscenza più approfondita del virus. A differenza della prima e violenta ondata di contagiati, durante la quale, loro malgrado, si è avuto il collasso di alcune strutture ospedaliere del Nord Italia, oggi la sanità Italiana è certamente più preparata nel gestire una eventuale nuova fase emergenziale.
Casi covid; calano in Lombardia, aumentano in Campania, Sicilia e Puglia.
Il dato di fatto restano tuttavia i numeri, ed oggi ci dicono che i nuovi contagiati sono in crescita da diverse settimane nel Sud del paese. La novità di questa seconda fase pandemica è il ribaltamento geografico della diffusione virale. Se prima dell’estate quasi la metà dei casi covid-19 apparteneva alla Lombardia, con una maggiore concentrazione dell’infezione nel Settentrione, oggi a destare maggiore preoccupazione è l’evoluzione della diffusione nel Mezzogiorno. Un dato significativo è possibile leggerlo dalle percentuali: la Lombardia ha avuto negli ultimi mesi una decrescita dei contagi dal 40% al 33%, mentre il Mezzogiorno, con in testa Campania, Sicilia e Puglia, sono passate dal 6% all’11%.
Una situazione che, se non si rispettano le regole può solo che peggiorare nei prossimi mesi invernali. Per tali ragioni bisogna necessariamente usare il buon senso, perché tra le altre cose, aspetto da non sottovalutare, aldilà delle poche terapie intensive presenti nel Sud Italia, la condizione ospedaliera del Mezzogiorno non è strutturalmente paragonabile a quella Veneta o Lombarda. Non si tratta di uomini, gli operatori sanitari del Sud Italia, sono in egual misura capaci e preparati come i colleghi del Settentrione. Concettualmente il problema è piuttosto legato alle risorse e ai mezzi che hanno a disposizione medici e infermieri del Sud, dato di fatto, largamente inferiore alle risorse disponibili nelle strutture ospedaliere del Settentrione.
Ricordiamo ad esempio il caos accaduto all’Ospedale Moscati di Avellino nel periodo più nero della pandemia, con la fila di ambulanze in attesa per ore nei pressi del pronto soccorso, perché non vi era disponibilità di letti anche e soprattutto per i pazienti no-covid. L’attendismo quando si tratta di salute è deleterio, così come non dovrebbe esistere la diatriba politica. Bisogna necessariamente adeguare il maggior numero di strutture agendo preventivamente in vista di potenziali scenari emergenziali. Ovviamente, non ultimo, per raggiungere un risultato ottimale e tornare ad essere un mezzogiorno virtuoso, quantomeno in chiave Coronavirus, tutti i cittadini dovranno tornare ad essere responsabili.