Unioni di fatto, In favore dei diritti

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Si apre una settimana decisiva per l’approvazione del testo di legge Cirinnà, che dovrebbe, finalmente, sancire l’introduzione di diritti fondamentali per le coppie di fatto, che vivono nel Paese, sia etero che omosessuali. La materia è di importanza essenziale, visto che, innanzitutto, il successo dell’iter legislativo non è, affatto, scontato. Inoltre, si sa bene che l’Italia ha una lunghissima tradizione di confronti e di scontri, quando si parla di riforma del Codice Civile: non possiamo, invero, dimenticare gli aspri scontri, ideologici e religiosi, che si produssero negli anni Settanta, quando si ragionava sull’opportunità dell’introduzione dell’aborto e del divorzio. Oggi, il clima è dissimile dall’epoca, dal momento che non esiste più un partito, come la Democrazia Cristiana, che aveva il compito di difendere, ad ogni costo, l’ortodossia cattolica, rappresentando di fatto un freno per quelle conquiste di civiltà, che furono possibili, invece, grazie alla grandissima mobilitazione della società civile, compulsata dai partiti della Sinistra e dai Radicali, che furono in prima linea nel rivendicare l’introduzione delle due leggi più innovative, finora, varate dal Parlamento repubblicano.
In questo frangente, la situazione è diversa rispetto a quella del secolo scorso, perché anche la nuova Chiesa di Papa Francesco ha compiuto straordinari passi in avanti nel riconsiderare molti aspetti della vita di coppia, cessando quindi quell’atteggiamento oscurantista, improntato alla conservazione dello status quo ed, in particolare, di una morale che – comunque – non sarebbe più rispondente alle esigenze del tempo storico, che viviamo.
È evidente, da molti decenni, che la famiglia tradizionale sia ormai in grandissima difficoltà, per cui riconoscere diritti, a chi si sforza di mettere in piedi forme di convivenza diverse da quelle sancite con il matrimonio, rappresenta non solo un avanzamento di civiltà, ma un’esigenza concreta, se non si vuol essere ipocriti, immaginando ancora un feticcio che non esiste più.
Non è possibile che un compagno non possa assistere in ospedale il proprio affetto morente, così come non è pensabile che il legittimo diritto alla pensione reversibile non esista in favore di chi ha vissuto, more uxorio, accanto al proprio amore.
Non sappiamo se la legge passerà e, soprattutto, non sappiamo con quali compromessi sarà, eventualmente, approvata: certo è che qualsiasi testo venga licenziato dalle Camere, esso sarà solamente un primo inizio di un lunghissimo percorso, che invero non finisce con l’approvazione, auspicabile, della legge Cirinnà.
In particolare, l’Italia non può tirarsi indietro, non solo perché lo rivendicano i milioni di Italiani, che sono scesi in piazza in questi anni e che sono pronti a farlo ancora, ma soprattutto perché esiste una legislazione europea, che, in tale materia, è molto più avanzata di quella italiana: ci riferiamo alle leggi non solo di Stati del Nord-Europa, ma finanche della cattolicissima Spagna, che forse è in grado di dare una lezione di laicità all’intero continente dopo i decenni oscuri di Franco e del Franchismo.
Saprà l’Italia accettare la sfida dei diritti e divenire un Paese, compiutamente, laico?
Saprà il Presidente del Consiglio tessere la tela di un compromesso, che porti all’approvazione di un testo, comunque, avanzato ed innovatore?
Saprà, infine, la pubblica opinione mobilitarsi nuovamente, qualora mai la montagna dovesse, come si dice in gergo, partorire il topolino?

Rosario Pesce

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