In origine il processo penale minorile era disciplinato dalla legge istitutiva dei Tribunali per minorenni del 1934, nel 1988, nell’ambito di una profonda generale riforma del processo penale per gli adulti, venne emanato un autonomo provvedimento legislativo: il D.p.R. 22 settembre 1988, n.448, cui ha fatto seguito il d.lgs. 28 luglio 1989, n. 272 recante norme di attuazione, coordinamento e transitorie del predetto decreto.
Tale decreto ha disciplinato un nuovo sistema procedurale per l’imputato minorenne caratterizzato da un necessario coinvolgimento di servizi strutturati e risorse, volti a tentare un effettivo recupero del minore deviante agevolando un reale recupero. Lo scopo del processo penale minorile è la riduzione del danno, difatti sono diverse le misure in favore del soggetto minorenne.
Il minore ha diritto ad un suo processo che fin dall’inizio deve essere rapido ed evitare ritardi, non solo ma le decisioni prese al riguardo debbono essere non solo proporzionate alle circostanze e alla gravità del reato, ma anche delle condizioni del soggetto minorenne che ha commesso il reato, tenendo conto delle sue condizioni vita, familiari e ambientali.
Obiettivo del processo minorile: rieducare
La specialità del processo minorile è la chiave di lettura della recente riforma, che sottolinea con forza il principio secondo il quale il processo minorile deve avere come obiettivo quello di riprendere l’itinerario educativo del minore che si è spezzato con il compimento dell’atto criminale, tenendo sempre presente le esigenze educative e la personalità del minore, anche il giudice, nel disporre le misure cautelari, deve tener conto “dell’esigenza di non interrompere i processi educativi in atto” .
La finalità educativa ed il carattere di specializzazione del processo minorile è evidente, è prevista, infatti, una specializzazione del giudice, attraverso la partecipazione a corsi di formazione e di aggiornamento; una specializzazione della polizia, attraverso la costituzione di una sezione specializzata di polizia giudiziaria presso ciascuna Procura della Repubblica presso il T.M. con specifica competenza e preparazione di questo organo; una specializzazione dei difensori, attraverso la previsione di un apposito elenco, istituito presso ciascun Consiglio dell’ordine forense, di “difensori con specifica preparazione nel diritto minorile”.
Particolare rilievo assume, infatti, nel processo minorile, la figura del difensore che non è il mero tecnico del diritto il cui unico obiettivo è quello di escludere o attenuare la responsabilità del cliente, bensì è l’interlocutore privilegiato della realizzazione di un progetto educativo che ha come fine il recupero del soggetto dalla personalità in formazione.
Egli è l’individuo che dovrà aiutare ad individuare la migliore strategia processuale per assicurare il miglior recupero del minore, che dovrà impostare e mantenere un dialogo sia nei confronti dei servizi chiamati ad operare, sia nei confronti dei familiari coinvolti nel processo di recupero, che agevolerà, nel minore, la comprensione educativa del processo e delle misure adottate nel suo esclusivo interesse.
La struttura e le caratteristiche del processo fanno sì che il processo non sia celebrato contro il minore e sul minore bensì con il minore. Egli diviene, in questo campo, soggetto attivo di diritto. Altre figure centrali del processo sono i servizi: ministeriali e dell’ente locale.
Essi vanno visti non solo come figure che svolgono funzioni di assistenza al minore ma anche come attuatori del progetto educativo.
Processo penale minorile il modello italiano
In Italia il modello del Processo penale è di tipo accusatorio misto, quindi prove acquisite nel corso del processo che l’imputato conoscerà al momento. Le due parti, all’interno del procedimento sono: La Pubblica Accusa = P.M. e l’imputato minore. La struttura del processo è la seguente: notizia crimis(denuncia), polizia, Pubblico Ministero.
Il procedimento penale inizia con una denuncia, pervenuta al Pubblico Ministero da parte di un soggetto, da parte della polizia in caso di arresto in flagranza oppure semplicemente il P.M. leggendo un giornale viene a conoscenza di determinati fatti, per cui inizia l’indagine.
Nel caso di minori, la polizia è specializzata. Il Pubblico ministero, inizierà le indagini preliminari e ricercherà le fonti di prova non solo contro l’indiziato ma anche a favore di esso.
L’avvio delle indagini preliminari avviene, come per i maggiorenni, con querela, denuncia, fermo o arresto (eccezione fatta per l’accompagnamento a seguito di flagranza previsto dall’art. 18bis DPR n. 448/88 solo per i minori).
Le indagini preliminari iniziano sia da parte del G.I.P. che dall’avvocato difensore, nel processo penale minorile, il GIP è definito anche il giudice della libertà, in quanto può accadere che si disponga per l’archiviazione, il GIP può anche chiedere al PM di riformulare il capo di imputazione, se non vi sono prove sufficienti, allora si dispone diversamente.
Il PM quando riceve la notizia dell’arresto o del fermo di un minore adotta uno dei seguenti provvedimenti:
dispone con decreto motivato la immediata liberazione dell’arrestato, oltre che nei casi previsti dall’art. 389, quando ritiene di non dovere richiedere l’applicazione di una misura cautelare;
dispone che il minore, senza ritardo, sia condotto presso un centro di prima accoglienza (indicando quale) o presso una comunità pubblica autorizzata;
dispone che il minore sia condotto presso l’abitazione familiare perché vi rimanga a sua disposizione. In quest’ultimo caso, la polizia giudiziaria redige un verbale con l’indicazione delle generalità di chi esercita la potestà dei genitori, dell’eventuale affidatario o della persona da questi incaricata alla quale il minore è consegnato
Il minore fermato che va nei Centri di Prima Accoglienza, ci resta per un breve periodo, fino all’udienza di convalida che deve concretizzarsi entro 96 ore dal fermo.
In base all’ art.9 del DPR del 22 settembre 1988, tali centri devono garantire la custodia dei minorenni senza configurarsi come strutture penitenziarie.
La fase delle indagini preliminari può avere sbocchi differenti:
a) archiviazione: quando la notizia di reato è infondata, quando il reato è estinto, quando il fatto commesso non è previsto dalla legge come reato il P.M. chiederà l’archiviazione del caso al G.I.P. che emetterà decreto di archiviazione;
b) sentenza di non luogo a procedere per irrilevanza del fatto: il P.M. fa richiesta di non luogo a procedere al G.I.P. perché il fatto commesso è tenue ed occasionale;
c) richiesta di procedimenti speciali: quali il giudizio abbreviato e quello immediato (sempre ammissibili) ed il giudizio direttissimo (subordinato alla possibilità di compiere gli opportuni accertamenti sulla personalità del minore secondo quanto regolamentato dall’art. 9);
d) richiesta di decreto che dispone il giudizio: avanzata dal Giudice per l’Udienza Preliminare.