Scossone M5S: L’arresto di Raffaele Marra, Virginia Raggi e quel principio grillino

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Raffaele Marra, stretto collaboratore del sindaco di Roma Virginia Raggi e Capo del Personale in Comune, e’ stato arrestato stamani per corruzione. Una vicenda che risale al 2013, ma che, inevitabilmente, avrà ripercussioni sull’attuale situazione politica della Capitale. Da quando si e’ insediata la grillina Virginia Raggi, che nel Consiglio Comunale capitolino può vantare una maggioranza di addirittura 29 Consiglieri Comunali tutti pentastellati, diverse sono state le questioni spinose da affrontare.

La prima ha riguardato Carla Ranieri, Capo Gabinetto da 194.000 euro all’anno, alla quale fu revocato l’incarico in seguito alle irregolarità riscontrate in merito alla sua nomina. Praticamente subito seguirono anche le dimissioni di Marcello Minenna, assessore al Bilacio, che getto’ la spugna come segno di riconoscenza nei confronti della Ranieri che l’aveva prima sponsorizzato e poi voluto al suo fianco nella squadra amministrativa della Virginia Raggi.

Lo stesso giorno dimissioni anche per l’amministratore unico di Ama, Alessandro Solidoro e per il direttore generale e amministratore unico di Atac, azienda di trasporti. Una ripresa dei lavori dopo la pausa estiva non certa facile, quella che si e’ ritrovata ad affrontare la giovane sindaca romana. Dimissionario o meglio revocato causa pendente di indagine per abuso d’ufficio, dopo solo ventiquattro ore di servizio, anche Raffaele De Dominicis, ex Procuratore generale della Corte dei Conti Lazio, assoldato dalla giunta Raggi come nuovo assessore al Bilancio.

Le ultime dimissioni, in ordine temporale, quella dell’Assessore alla Sostenibilità Paola Muraro. Avviso di Garanzia per presunte violazioni del testo unico ambientale, questo il fardello che ha costretto la Muraro al passo indietro. Mesi non facili per l’amministrazione capitolina che si e’ ritrovata a dover affrontare non poche grane. Il principio di fondo che ha mosso l’azione grillina in questo primo semestre di mandato , seppur non condivisibile da chi asserisce e professa idee differenti, risulta essere stato però piuttosto chiaro.

Zero indagati nelle giunte cinque stelle, l’avviso di garanzia non equivale a condanna, massimo rispetto per il lavoro della magistratura: queste le frasi professate, ma anche applicate, non solo a Roma. Un principio che ha accompagnato in questi anni tutto l’operato grillino in ogni dove. Dal Parlamento alle piccole amministrazioni locali. Gli indagati non sono candidabili, tantomeno possono far parte di giunte comunali. Un principio discutibile vero, che potrebbe contrastare con l’Art. 27 della Costituzione nel quale si asserisce, chiaramente, che gli indagati non sono colpevoli sino a condanna definitiva. Sul percorso che porta alla condanna si potrebbe altresì aprire un capitolo infinito, ma ciò al M5S non ha mai interessato.

Si sono fermati prima, seguendo una linea che elettoralmente ha ben ripagato quella che sarebbe potuta sembrare una ghettizzazione giustizialista. Dai sondaggi elettorali emersi negli ultimi mesi il movimento di Grillo e’ saldamente il primo partito. E’ la prima forza politica perché, nonostante le mille difficoltà che qualsiasi percorso politico incontra, ha seguito comunque una linea di principio chiara. Una linea che a Roma non può essere interrotta. La Raggi non e’ indagata, su questo nessuna obiezione. La sindaca di Roma però e’ responsabile morale del caso Marra. La presunzione delle proprie scelte e rivendicazioni.

La Raggi e’ stata presuntuosa, non ha voluto ascoltare. Ha dovuto mostrare i muscoli dopo che sia Grillo che altri parlamentari grillini, romani e non, le avevano consigliato di allontanare il Marra dal ruolo apicale che la Raggi stessa gli aveva conferito. La presunzione della fiducia, una sorta di garanzia personale. Una sfida dell’io contro il noi, su un nome, quello di Raffaele Marra, altamente chiacchierato negli ambienti interni all’amministrazione romana. Non un fulmine a ciel sereno insomma, nemmeno uno dei 23.000 dipendenti del Comune di Roma, così come la Raggi ha spiegato in conferenza stampa. Il Marra non era uno qualsiasi, non uno semplice.

Il Marra era uno dei massimi dirigenti del Comune di Roma. Una persona perbene per tutti, fino al terzo grado di giudizio. Una persona però, che non rispecchia i principi che il M5s ha mostrato in questi anni. La Raggi ha sbagliato doppiamente, ha peccato di incapacità ma anche di presunzione. Sulla prima si può anche transigere perché , evidentemente, errare e’ umano. Sulla seconda però il M5s non potrà transigere.

Un moVimento dove il noi,almeno teoricamente, ha sempre avuto la meglio sull’io, non può permettersi di ledere questo altro principio. La Raggi ha sbagliato, e, in qualche modo, e’ giusto che paghi. Perché in politica, così come nella vita, gli errori si pagano. E qualora non dovesse essere la Raggi a farlo, tutta la colpa potrebbe ricadere, in termini elettorali ma non solo, sul Movimento stesso. Perché l’opinione pubblica perdona tutto ma non la perdita di principi e valori.

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