A causa del pensionamento prossimo degli attuali medici e dell’invecchiamento della popolazione, una buona fetta di questa nel giro di pochi anni rischia di rimane senza copertura medico assistenziale. Da qui a quattro anni (2022) andranno in pensione 3.902 medici di famiglia, mentre entro il 2028 cesseranno di lavorare 45mila medici, di cui 30mila ospedalieri e 15mila medici di famiglia.
E le Regioni che soffriranno maggiormente della carenza dei medici di base, sia nel breve che nel lungo periodo, sono Sicilia, Lombardia, Campania e Lazio, che hanno un’alta densita’ di popolazione e quindi di assistiti.
La situazione che si prospetta non e’ agevole, in quanto senza lo sblocco dei concorsi e con la contemporanea fuga all’estero di duemila neomedici all’anno, rischia di verificarsi la succitata previsione. Cio’ perche’ per i medici di base, ad esempio, i corsi di formazione sono di 1.100 all’anno e con tale proiezione nel 2028 potranno essere formati 11.000 contro un fabbisogno di 22mila unita’.
La politica intanto latita e non si preoccupa di sbloccare un turn over quanto mai necessario. Tra le infinite proposte e le sballate promesse udite nell’ultima campagna elettorale, nessuno ha parlato di riordino del Sistema Sanitario Nazionale; sebbene la decisione di bandire i concorsi spetti alle Regioni, le direttive di carattere generale devono provenire da Parlamento e Ministero della Salute.
Come si e’ arrivati alla situazione attuale che rischia di divenire critica nel giro di pochi anni? Ha influito certamente il numero chiuso nelle Universita’ che ne ha limitato l’accesso e le iscrizioni, c’e’dell’altro: a fine corsi di studio il neolaureato si trova a un bivio: o scegliere di specializzarsi tramite concorso oppure fare il medico di base e ottenere l’attestato.
A questo punto vi e’ una disparita’ di trattamento economico: il tirocinante di medicina di base ottiene 800 euro mensili, mentre lo specializzando 1.800.
Questa differenza relega il ruolo del medico di base ad una figura subalterna; pertanto risulta meno appetibile. Inoltre il medico di base che deve fronteggiare le esigenze di 1.500 assistiti sopporta un carico amministrativo notevole in quanto perde molto tempo per eseguire esigenze burocratiche (ricette, esenzioni, ecc.). Coloro che si organizzano in studi associati e con servizio di segreteria attivo, riescono a fronteggiare a malapena queste incombenze; cio’ vuol dire che un medico che lavora da solo, il cui numero e’ costituito ancora dal 55% del totale, non riesce ad esercitare bene, a scapito della meticolosita’ e dell’aggiornamento che richiede la professione.