Il modello di rete nella metodologia del servizio sociale

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Sociale – Per darne una spiegazione ampia e allo stesso tempo esaustiva, il concetto di “rete” rinvia a diverse discipline (antropologia, psicologia sociale, sociologia) e assume nell’ambito di ciascuna di esse diversi significati.

In generale, il termine rete indica un insieme di elementi intrecciati a tal punto da sembrare una trama di maglie; quando nello specifico si parla di reti sociali, si intende quell’ insieme di risposte e/o risorse umane e istituzionali che si legano con rapporti/relazioni stabili in funzione di percorsi di aiuto (Bartolomei e Passera, 2005).

Le reti sociali, però, per essere considerate tali, devono possedere alcune caratteristiche comuni e prescindere dagli approcci teorici nei quali si inseriscono.

 Le caratteristiche di cui si parla sono:

  • esistenza e visibilità dei legami/relazioni;
  • relazioni di scambio di natura diversa (di beni e servizi e/o scambi simbolici);
  • produrre sostegno ai soggetti sia all’interno della rete stessa che nel rapporto con l’esterno o con gli altri sistemi, con effetti sia sul piano affettivo-psicologico che materiale e sociale;
  •  reciprocità degli scambi.

Nel servizio sociale, il lavoro di rete viene utilizzato per rispondere a esigenze diverse dell’operatore: necessità di intervenire nell’ambiente; necessità di promuovere azioni di responsabilizzazione dei soggetti andando al di là dei contesti familiari; necessità di far partecipare l’ambiente al processo di presa in carico.

Obiettivo fondamentale del modello, che comincia a svilupparsi negli anni 70, ma che trova il suo compimento negli anni 90, è quello di aiutare l’utenza a conoscere e utilizzare le risorse personali e istituzionali. Il servizio sociale, quindi, dovrebbe intervenire solo nel momento in cui si verificano difficoltà nella relazione di rete (carenza di risorse, rete conflittuale, etc), con l’intento di ristabilire la funzionalità della stessa. L’aiuto, pertanto, viene ad identificarsi con la promozione di interventi circolari e con la scoperta di risorse a livello micro e macro sociale.

 Nel lavoro di rete se ne identificano diverse tipologie:

– Reti sociali primarie: riferite alle persone legate da relazioni “faccia a faccia”, ma non necessariamente di natura affettiva (parenti, amici, vicini di casa), in cui la persona di cui si analizza la rete conosce direttamente tutti i componenti della stessa.

-Reti sociali secondarie, ossia quelle in cui la persona di cui si analizza la rete conosce le persone costituenti la stessa, ma non direttamente. Sia le reti primarie che quelle secondarie, spesso indicate anche come reti informali, sono reti molto dinamiche che possono presentare un alto grado di variabilità. Il sistema informale si può dire che è costituito da “terapeuti naturali” (natural helper), che si differenziano dagli operatori del sistema formale in quanto non sono specificatamente formati per dare aiuto, non accettano nessuna forma di remunerazione. Inoltre essi hanno quasi sempre un interesse o una relazione personale o comunque qualcosa di comune con la persona cui l’aiuto è rivolto; essi hanno di solito una capacità innata di ascoltare, di dare consigli e tendono ad agire in modo spontaneo, offrendo liberamente se stessi come risorsa di sel-help.

– Reti sociali formali: quelle costituite dalle istituzioni sociali, formalizzate ufficialmente in base a specifiche norme e mandati. Sono molto strutturate, forniscono servizi particolari, concorrono con la propria specificità al sistema di welfare; in questa tipologia rientrano anche le realtà di terzo settore, o settore no profit (associazioni riconosciute giuridicamente o di fatto, cooperative sociali, gruppi di volontariato organizzato, etc), ma solamente nel caso in cui, a prescindere dalla loro natura giuridica, operino in convenzione con l’ente pubblico, per lo più locale, e nel quadro degli indirizzi programmatici dello stesso. In questo caso la rete acquista una rilevanza formale poiché svolge attività, progetti di competenza pubblica per specifico mandato contrattuale.

– Reti sociali informali: quelle cui danno vita alcuni soggetti per dare soluzioni a problemi comuni o per rispondere a bisogni specifici di rilevanza comunitaria, senza peraltro assumere una veste istituzionalmente definita. Le reti sociali, nella loro diversità, costituiscono sempre elemento di particolare attenzione per l’assistente sociale sia per quanto concerne gli interventi connessi agli specifici processi di aiuto, sia per l’impostazione e la realizzazione di progetti sociali di rilevanza comunitaria o territoriale, soprattutto in funzione promozionale e preventiva. L’attuale tendenza delle politiche sociali verso l’inclusione sociale e il reinserimento nella comunità di origine di persone o utenti altrimenti istituzionalizzabili (malati terminali, non autosufficienti, minori in stato di abbandono, etc) o emarginati (senzatetto, malati di mente, etc), richiede all’assistente sociale una particolare capacità di interazione e di progettazione con le risorse formali e informali per passare da interventi di tamponamento caso per caso o di emergenza alla messa in atto di progetti integrati.

In conclusione possiamo definire il lavoro di rete l’insieme di interventi finalizzato a legare fra loro persone, gruppi o istituzioni tramite significative relazioni interpersonali e interfunzionali per migliorare la qualità della vita dei singoli e della comunità. Il lavoro di rete si fonda, in linea generale, sulla teoria dei sistemi, sulla teoria della comunicazione e sulla teoria dello scambio; gli orientamenti metodologico-operativi, però, si diversificano in funzione della specificità di contesto e di finalizzazione.

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