Nonostante le troppe difficoltà economiche, uno degli aspetti più belli, più puliti dell’Italia è sicuramente il settore della ricerca e dell’innovazione bio-medica, in modo particolare nella branchia della chirurgia. Negli ultimi anni in questo settore lo stivale è riuscito ad esprimere il meglio della competenza made in Italy, con interventi chirurgici e scoperte, che solo fino a 10 anni fa sarebbero sembrate dei veri e propri miracoli. Il primo trapianto di cuore bionico, o il recentissimo cuore stampato in 3d, grazie al quale è stata salvata una bambina di 3 anni, sono solo due delle centinaia di capolavori dei medici Italiani.
Dall’Ospedale Niguarda di Milano, arriva l’ennesimo capolavoro, atto a contrastare la lotta al diabete, un team di medici è riuscito a portare a termine un importante operazione su di un paziente di 41 anni, trapiantando cellule del pancreas, quelle per intenderci che producono insulina. Si tratta del primo intervento di questo genere in europa e secondo gli esperti potrebbe rappresentare la soluzione definitiva per curare il diabete di tipo 1 attraverso una “impalcatura” biotech.
“L’uomo ora non ha più bisogno di auto-somministrarsi insulina”.
Operazione poco invasiva
Durante l’operazione al paziente sono state trapiantate delle cellule produttrici di insulina, le stesse che erano state atrofizzate e messe fuori uso quando il paziente ad 11 anni contrasse la malattia. “La nuova procedura sperimentale – spiegano gli specialisti – è stata messa a punto dal Diabetes Research Institute, un centro di eccellenza diretto da Camillo Ricordi all’Università di Miami, dove sono stati seguiti i primi due casi al mondo”.
Tecnica innovativa
“Il problema delle classiche infusioni nel fegato, come avviene oggi, è che molte di esse non riescono a sopravvivere, causa una reazione infiammatoria. La nuova tecnica, elimina il problema, perchè le cellule saranno iniettate direttamente nel tessuto che ricopre e protegge gli organi dell’addome. La tecnica punta a creare una specie di ‘pancreas in miniatura’. Le isole sono state trapiantate con tecniche di ingegneria tissutale all’interno di ‘un’impalcatura biologica’ che si riassorbe nel tessuto che riveste gli organi addominali. L’impalcatura biodegradabile è una combinazione di plasma del paziente e trombina, un comune enzima per uso clinico. Queste sostanze, quando unite, creano una sostanza gelatinosa che si attacca all’omento e mantiene le isole in sede. L’organismo assorbe gradualmente il gel lasciando le isole intatte, mentre si formano nuovi vasi sanguigni che forniscono ossigeno e altri nutrienti necessari per la sopravvivenza delle cellule. L’intervento avviene con una chirurgia minimamente invasiva e permette di rendere minima l’eventuale reazione infiammatoria. L’opinione degli scienziati è che “questa tecnica di ingegneria tissutale sarà fondamentale per permettere la sperimentazione clinica di nuove tecnologie per evitare l’uso di farmaci anti-rigetto, che oggi limitano l’applicabilità del trapianto di isole ai casi più gravi di diabete”