Carlo Azeglio Ciampi, un Presidente della Repubblica amato da tanti

Carlo Azeglio Ciampi, l'uomo paziente e tenace che non faceva rumore.

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La morte di Carlo Azeglio Ciampi dispiace non poco, visto che egli è stato uno dei protagonisti più importanti della vicenda istituzionale del nostro Paese. Per molti decenni, dapprima nelle vesti di Governatore della Banca d’Italia, poi in quelle Ministro del Tesoro e di Presidente del Consiglio ed, infine, in quelle di Capo dello Stato. Certamente, egli sarà ricordato per essere stato uno degli artefici del nostro ingresso nell’area euro, visto che ha assunto responsabilità di governo nel momento più difficile per la nazione, quando andava traghettato il Paese dal sistema della Prima Repubblica a quello della Seconda.

Molto probabilmente, visti gli esiti del processo di unificazione monetaria a livello europeo, in questo momento storico i suoi sforzi non sono apprezzati nella misura giusta: molte e diverse sono le criticità in riferimento alla nascita dell’euro, ma non tutte sono – immediatamente – riconducibili all’operato di Ciampi.
Non dobbiamo, infatti, dimenticare che, quando siamo entrati in Europa, l’Italia era investita da una delegittimazione profonda del suo ceto politico, per cui lo stesso Presidente Ciampi venne chiamato per assumere un ruolo istituzionale, quello dapprima di Ministro del Tesoro e poi di Capo dell’Esecutivo, che in un Paese “normale” spetterebbe, sempre e comunque, ad un rappresentante del popolo e non ad un banchiere.

Ciampi e l’elezione al Quirinale

Purtroppo, dal 1994 in poi, le migliori energie dello Stato hanno dovuto assolvere ad un ruolo di supplenza di una classe politica ampiamente delegittimata ed, in tal senso, banchieri – come lo stesso Ciampi o Dini – sono stati preziosi per evitare che la Repubblica si sciogliesse come neve al sole, così come era avvenuto dopo l’8 settembre 1943 con il Regno d’Italia.
Peraltro, l’elezione di Ciampi al Quirinale venne contrassegnata da una sotterranea guerra per bande fra partiti e correnti: infatti, il Capo dello Stato, che doveva essere eletto, era Nicola Mancino, per molti anni Presidente del Senato ed espressione di quella corrente cattolico-democratica di estrazione irpina, che nei decenni precedenti aveva espresso altre importantissime cariche dello Stato.

Ma, Walter Veltroni, Segretario dei Democratici di Sinistra, per evitare che il Quirinale finisse nelle mani di un altro democristiano, subito dopo il settennato di Oscar Luigi Scalfaro, ritenne opportuno far cadere il consenso del principale partito italiano sulla figura dell’ex-Governatore della Banca d’Italia, ben sapendo che nessuna forza politica avrebbe potuto tirarsi indietro dall’eleggere un rappresentante nobilissimo delle istituzioni democratiche, estraneo a qualsiasi logica faziosa.
Infatti, Ciampi, uscito dal Partito d’Azione, è stato – sin dal secondo dopoguerra – un protagonista importante della vicenda bancaria italiana, divenendo il Governatore che fu chiamato a difendere l’Italia dalle speculazioni finanziarie degli anni Ottanta, che erano all’ordine del giorno in un Paese dilaniato dall’inflazione e da un debito pubblico oltre ogni ragionevole misura.

Oggi, non si può non contestare le scelte dei burocrati di Bruxelles, che prediligono il risanamento finanziario al rilancio dell’economia, ma è ineluttabile che ciò accada in un continente dove la politica è molto debole rispetto all’alta finanza, proprio come accadeva nell’Italia del dopo-Tangentopoli.
Ciampi fu uomo dalla moralità pubblica cristallina: basti pensare che la Banca d’Italia, negli anni del suo Governatorato, è stata ben lontana dagli scandali, che pure l’avevano colpita nei decenni precedenti.
Questa immagine di Ciampi – quella del fedele e probo servitore dello Stato – ci piace non poco: è un’icona che trasmette serenità in una nazione, come la nostra, che si divide sempre per guelfi e ghibellini, tendente allo scontro continuo e permanente fra opzioni culturali, che non sono giammai in grado di trovare una sintesi alta e significativa.

Ciampi fu repubblicano, liberale e laico, ma seppe trovare il modo per ragionare con socialisti e cattolici; fu banchiere, ma seppe interpretare il ruolo del politico, quando fu chiamato a ricoprire una funzione molto diversa da quella per la quale aveva studiato. Questa, senza alcun dubbio, è l’immagine dell’Italia migliore, quella che noi vorremmo, un’Italia che – purtroppo – è sempre più latitante in una stagione nella quale prevale chi, invece, urla e non chi ragiona sommessamente per il bene di tutti.
Gli sia, per davvero, lieve la terra, perché di esempi simili – nell’attuale frangente – ne servirebbero, invero, tantissimi.

 

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