Renzi ed il fallimento delle Riforme

Renzi si è assunto, nei giorni scorsi, una responsabilità non da poco: portare a termine l’iter riformatore della Carta del 1948 in assoluta solitudine, senza il consenso né di Forza Italia, né di Sel, né dei Grillini, sapendo bene che, in caso di approvazione della legge di riforma della Costituzione, è necessario andare, comunque, ad un referendum confermativo, che decreterebbe, poi, l’esito dell’intero ciclo di ratifica parlamentare.
È ovvio che, in tale clima, i rischi non sono pochissimi: potrebbero non esserci i numeri per portare a termine le due letture in ogni ramo del Parlamento, così come, pure in caso di conclusione favorevole dell’iter camerale, il popolo italiano potrebbe bocciare la riforma della Costituzione, come già fece nel 2006, quando non andò a votare la maggioranza assoluta degli aventi diritto al voto, per cui il processo di revisione della Carta, voluto allora da Berlusconi, si concluse con un nulla di fatto.
In tal caso, la sconfitta renziana sarebbe clamorosa e non priva di conseguenze nefaste per il Governo: infatti, il Premier sta giocando una partita delicatissima, da cui dipendono non solo i destini dell’Italia, ma della sua stessa carriera. In Parlamento, egli – al momento – non ha alleati sicuri: gli unici, che lo stanno accompagnando, sono i deputati e senatori centristi di Alfano, che non fanno mancare il loro consenso in cambio di laute ricompense. Ad esempio, si dice che il candidato alla Presidenza della Regione Campania debba essere attribuito alla formazione di Alfano, per ripagare, in termini politici, il Ministro degli Interni del consenso, che ha dato in occasione del voto per Mattarella e per la fedeltà, che sta esprimendo al Governo, nonostante alcuni suoi parlamentari abbiano deciso di passare con la Lega di Salvini o di tornare con Berlusconi. Quindi, il prezzo, che Renzi sta pagando, è altissimo; pertanto, la domanda sorge spontanea: valeva la pena stracciare il Patto del Nazareno e procedere, in beata solitudine, lungo un percorso complesso ed irto di difficoltà come non mai?
È evidente che, non conoscendo le dinamiche dall’interno, il nostro giudizio non può che essere limitato agli elementi in nostro possesso. Alla luce di questi, la scommessa renziana è foriera di un margine di dubbio, invero, molto forte, visto che lo stesso Alfano non sarà, comunque, alleato del PD in occasione del prossimo voto generale, perché il polo centrista o correrà insieme a Berlusconi o – ipotesi molto più probabile – darà vita ad una forza autonoma, insieme magari a Passera, per cui valuterà così, anche, il suo effettivo peso elettorale, essendo poi determinante al ballottaggio, quando sia la Destra, che la Sinistra si rivolgeranno agli uomini di Alfano e Casini, per ottenere quei voti necessari per vincere e per avere, dunque, la maggioranza assoluta nella futura Camera dei Deputati, presupponendo che – frattanto – sia andata in vigore la legge di riforma costituzionale e, quindi, il Senato non sia più elettivo. La politica è un po’ come una bella partita a scacchi: bisogna saper leggere il match ed, in particolare, prevedere le mosse dell’avversario, da cui discende la strategia del giocatore, senza fare azzardi o movimenti sulla scacchiera, che possano poi facilitare il concorrente.
Quella di Renzi, finora, ci appare una tattica fin troppo spregiudicata, perché isola il PD e rafforza le posizioni delle minoranze, che, da questo momento in poi, varata in prima lettura la riforma della Costituzione, possono sparare liberamente sul Governo, addossandogli le responsabilità, che ha, ed eventualmente pure quelle che non dovesse avere in merito al fallimento dell’economia e della politica estera.
Cui prodest?
Valeva la pena, quindi, farsi un nemico al giorno e vantare – dopo l’elezione del nuovo Capo dello Stato – una pletora di inimicizie ben maggiore delle amicizie, sia nel Parlamento, sia in vasti strati della pubblica opinione nazionale? Renzi non ha avversari nel Partito Democratico, visto che la minoranza è solo una sua pallida e poco credibile antagonista; se il Governo dell’ex-Sindaco di Firenze cadrà nei prossimi mesi, ciò avverrà per dinamiche di natura internazionale, che ne determineranno un crollo tanto rapido, quanto lo è stata la sua ascesa nell’inverno dell’anno scorso. Certo è che non può non provocare il nostro sommo dispiacere la situazione attuale, visto che, nelle Camere, come nel Paese, esiste un’atmosfera assai cupa di rassegnazione mista a risentimento, che non agevola gli sforzi di una nazione, che dovrebbe, invece, con spirito unitario tendere alla ripresa ed alla salvaguardia, alla tutela dei valori fondativi della nostra società. Renzi saprà interpretare una tale esigenza, facendosi finalmente foriero di un messaggio inclusivo e non di rottura?
Temiamo che la risposta, ad un siffatto quesito, sia negativa e, perciò, non possiamo non continuare a credere che egli non sia la personalità più idonea per governare un passaggio storico così delicato, nel quale sarebbe necessario l’apporto di protagonisti della politica e delle istituzioni, che sappiano unire e non essere divisivi, come – per sua discutibile scelta – è, purtroppo, l’attuale Premier.
Rosario Pesce

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