Fidel Castro, i 90 anni di vita del Leader Maxìmo della Rèvolution cubana.

E sono novanta gli anni di vita del Leader Maxìmo della Rèvolution cubana.

Anche se storicamente e temporalmente lontani, questi anni di vigenza di Fidel Castro, sono anni vissuti sempre e comunque fuori da ogni convenzione e con l’animo eticamente in linea con un pensiero che non sembra affievolirsi con l’età, almeno vedendo i suoi imperdibili discorsi ai cubani. Sul Leader Maxìmo si è detto, scritto e parlato molto, ed è inutile oberare l’elenco delgi interventi, quanto ben poco si sta scrivendo della attuale Cuba, delle deviazioni che il fratello Raùl sta attuando nel solco della tradizione, di quanto le sorti della Rèvolution stiano cambiando alla prova dei tempi.
E’ del marzo scorso la prima visita, storica, di un presidente americano, Barack Obama, in suolo caraibico, a ben 80 e più anni da quella dell’ultimo predecessore americano e la prima che desse avvio alla normalizzazione dei rapporti tra i due paesi. Una visita sentitissima da tutto il mondo e appena meno importante di quella tra Castro e San Giovanni Paolo II. Oggi i tempi sono cambiati, la Rèvolution era nata come guerra contro il truce Batista, l’incidente della Baia dei Porci è per molti acqua passata, e Fidel Castro ha ormai delegato la guida reale del paese al fratello Ràul, mentre il suo carisma continua, intatto, a reggere le sorti ideali del pensiero castrista, sia a Cuba che fuori. Una Cuba che ha attraversato crisi dolorose e vittorie mancate, ha provato a sopravvivere della propria luce riflessa, ha sbagliato e pagato il prezzo di alleanze forzose e forzate. Cuba è parte di una America Latina che si può paragonare ad un vulcano buono, che ribolle nelle viscere di mille crisi ma che resta incantevole nella sua natura e filosofia. Sono alle spalle le vicende, in America latina, dei vari Bolivar degli ultimi vent’anni, come nel Venezuela di Chavèz, oppure le rivisitazioni oltranziste del peronismo nella Argentina, e le esperienze peruviane e colombiane, non dimenticando le vicissitudini dei paesi di centroamerica (Nicaragua e altri).

L’attuale Sudamerica è fortemente stretto nella morsa delle difficoltà economiche, ormai di pubblico dominio, i paesi citati stanno attraversando gravissime difficoltà economiche ma anche sociali; in Venezuela Maduro continua imperterrito a credere nel chavismo, che ormai è fallito al suo creatore, ma che sta portando alla fame un popolo intero. Il Brasile, al netto delle Olimpiadi, sta vivendo una turbolenza spaventosa, con l’impeachment della Roussef e l’ombra di Lula; la stessa Argentina, storicamente contrapposta al Cile, nonostante le vicende tristi delle dittature, sta cercando di sollevarsi dalla tragica scelta dei Tango Bond, e nonostante la tregua di Macri, non trova ancora una pace interiore tale da risolvere le mille contraddizioni che la caratterizzano; i paesi andini che più di tutti trovano nella propria dimensione una via di uscita alle crisi di riflesso che li stanno depauperando anche umanamente.

A questo desolante quadro geopolitico si innesta la campagna elettorale degli Stati Uniti, che proprio del rapporto col proprio sud sta vivendo tensioni e distorsioni. Trump, miliardario auto prestatosi alla politica (un po’ come un novello Berlusconi a stelle e strisce) che in un delirante progetto di arroccamento vuole tenere questi paesi del sud a modo di colonie, ed una avversaria come la Clinton che quasi ha glissato il problema, fermandosi alle buone intenzioni e alle proposte di pancia per raccogliere voti.

Per fortuna Cuba si apre al mondo, e sta accentando obtorto collo il capitalismo, il vecchio nemico storico, lasciando passare gli investimenti esteri, accogliendo cinesi, russi, europei, e australiani, tutti bene accetti purché si faccia economia e il popolo ne abbia giovamento. Una Rèvolution nella Rèvolution, o forse è meglio dire una necessità indispensabile e un buon viso a cattivo gioco.

Questi milioni se non miliardi di dollari serviranno forse per cercare di risollevare le sorti di un popolo che aveva nel solo turismo la fonte di sostentamento, ma che potrebbe sconvolgere la vita stessa dei cubani, forse al punto di allentare quella campana di vetro che aveva conservato come una reliquia un paese fermo al 1950. Di sicuro la famiglia Castro non governerà più il paese, fra qualche anno, ed il dubbio che dovranno sciogliere gli storici sarà quanto della idea castrista resisterà agli attacchi del tempo e al logorio del capitalismo, per il momento con la simpatia che muove gli uomini ad essere gentili, non si può non augurare una serena vita ad un uomo che nel bene o nel male ha segnato gli ultimi 70 anni della nostra vita e sperare che tutti i cubani possano vivere sereni, liberi e motivati dal senso democratico nelle loro scelte.

Dott. Antonio Ansalone

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