Il Bataclan di Parigi rinasce dopo la strage del 2015

Dopo un anno rinasce il Bataclan, il locale parigino che fu vittima dell’attentato dei terroristi islamici nella tragica notte del 2015, nel corso della quale l’intera città francese venne messa a ferro e fuoco dai jihadisti islamici.  L’evento non può che essere felice, visto che il ritorno alla vita è, pur sempre, il momento più importante per una comunità intera, che deve rielaborare un lutto così grave, come quello generato da una strage di terroristi islamici.

A distanza di dodici mesi da quei terribili fatti, invero, l’Europa non è ancora uscita dal tunnel della paura, a cui la vogliono condannare quanti mettono in piedi simili, efferati crimini.
Anzi, la scommessa dell’integrazione è – tutta – da vincere: infatti, i nuclei di comunità islamiche, disseminati sull’intero territorio europeo, aumentano sempre più e con queste bisogna imparare a dialogare, a confrontarsi civilmente ed a creare le condizioni affinché, fra qualche decennio, tali nuovi cittadini europei siano perfettamente integrati nel consesso civile, che si intende costruire.

È ovvio che i fatti di sangue, come quelli di Parigi, rappresentano un fattore di freno lungo un siffatto cammino, perché il senso comune finisce per identificare gli islamici, meramente, con il terrorismo jihadista, per cui si creano luoghi comuni, che poi diviene molto difficile riuscire ad estirpare.

Cosa fare, allora?

Abbiamo più volte sottolineato il ruolo della scuola e dei luoghi deputati alla cultura, come strumenti di integrazione, ma è chiaro che l’impresa non può che essere titanica, visto che, per effetto degli eventi internazionali, l’arrivo nelle nostre terre di cittadini di fede islamica rischia di essere sempre più rapido ed intenso.
È necessario che l’intera società costruisca luoghi comuni di incontro, dove, nel rispetto delle diversità reciproche, sia possibile relazionarsi al prossimo e riconoscere in lui un uomo, indipendentemente dalla fede osservata.
Purtroppo, non è così facile, ma è d’uopo iniziare un percorso siffatto, perché, in assenza dello stesso, si rischia – altrimenti – di costruire un consesso civile estremamente complesso e disordinato, che – invece – deve essere regolato e reso proficuo per tutti.  Ci riusciremo mai?