La speranza di arginare la diffusione del Coronavirus in maniera definitiva non viene solo dalla campagna di vaccinazione che, con velocità diverse sta interessando tutta la popolazione mondiale, ma deriva anche dal plasma dei vaccinati che, specie se di giovane età, producono una quantità enorme di anticorpi contro il Coronavirus.
Queste le risultanze dei test condotti all’ospedale San Raffaele di Milano, il primo per sperimentazione di farmaci contro il coronavirus nel 2020. Finora per le cure contro il Covid-19 si è fatto ricorso al plasma delle persone guarite, sistema tuttora in vigore; ma in questo caso il plasma non può essere prelevato prima che il paziente sia risultato negativo a due tamponi, con un’attesa quindi di una ventina di giorni.
Per i vaccinati invece, una volta ricevuto parere positivo dal Centro Nazionale del Sangue, si potrà procedere tramite una normale donazione; in virtù della quale l’infetto potrà sviluppare anticorpi contro la proteina Spike, mirati quindi alla neutralizzazione di Sars Covid 2.
Ci sono altre novità in tema di cure anti-Covid: per i ricoverati si somministrano cortisone ed anticoagulanti, a cui si aggiunge il Rendevisir. Ad inizio pandemia si sono fatti degli errori, come quello di somministrare in primis il cortisone che però, preso in dosi massicce, può portare problemi cardiovascolari e vulnerabilità ad altre infezioni. Ora invece si inizia con i monoclonali e vari tipi di anticoagulanti, come l’eparina; o l’anakinra, un immunodiluente usato per l’artride reumatoide; o un nuovo prodotto denominato Reparixin.
Comunque è evidente, la ricerca per i farmaci anti Covid è stata anche più complessa della preparazione del vaccino, che è stato approntato in meno di un anno. Per i farmaci la difficoltà risiede nel fatto che i coronavirus non vengono distrutti facilmente dagli antivirali, per le mutazioni e le varianti ad esse connesse.