Secondo il Machiavelli, nella sua famosissima opera Il Principe, “ …il principe cittadino ascende con virtù, astuzia fortuna e soprattutto il volere del popolo…”. Così, in uno dei capitoli della sua opera, lo scrittore definiva l’ascesa al potere quando questa avveniva sotto forma democratica. Machiavelli scriveva nel XV secolo, in pieno Umanesimo – Rinascimento. I suoi principi sono, a distanza di sei secoli, ancora validi?
Le forme di governo attuali, almeno nel mondo occidentale, raggiunte attraverso dure e sanguinose lotte, per quanto imperfette rappresentano tutt’oggi un accettabile compromesso tra le antiche oligarchie, le secolari monarchie e i sistemi liberali di recente nascita. Tutto sommato un compromesso accettabile!
Le elezioni dirette o indirette a cariche dello Stato di qualsiasi cittadino, senza distinzione di razza, sesso o religione, rappresentano un enorme passo in avanti sociale e culturale per la società.
Oggi, in una società multimediale dove anche la vita privata è alla mercé di tutti, soggetta al giudizio altrui, chi è il buon candidato? Sicuramente i principi del buon governo tramandati da Machiavelli, ma anche prima dai filosofi greci, oratori e scrittori romani quali: Cicerone, Seneca, Marco Aurelio, saranno sempre validi nel corso del tempo.
Nel mondo attuale, dove l’immagine arriva molto prima dei contenuti, questi ultimi continueranno a ricoprire un ruolo chiave per l’ affermazione di un candidato rispetto ad un altro?
Oggi la complessità delle amministrazioni e delle dinamiche a questa collegate necessitano di candidati che, oltre a conoscere leggi e normative, abbiano esperienze e qualità professionali specifiche e riconosciute. Un avvocato, un ingegnere, un professionista è sicuramente avvantaggiato rispetto a chi ha conoscenze più generiche, ma non basta. Il buon candidato è colui che riesce ad essere comprensibile e chiaro nei concetti, una persona empatica, che ha carisma e sa trasmettere e recepire emozioni. Una persona il cui pronome ‘IO‘ sia saggiamente dosato, anteponendo sempre gli altri e i loro interessi. Il candidato ideale deve essere prima di tutto il leader di se stesso, deve essere portatore di idee concrete in una visione realistica delle problematiche che va ad affrontare.
Churchill, quando fu rieletto Primo Ministro del Regno Unito, si era appena entrati nella seconda guerra mondiale, non esordì dicendo vinceremo e anche in poco tempo. Le sue parole furono: ci aspetteranno lacrime e sangue, sacrifico, e forse… ne verremo a capo. Ecco le parole di cui aveva bisogno la Nazione in quel momento, le parole di un vero leader. Di contro, anche di fronte ad un candidato con tutte queste qualità vi è bisogno di un elettore che sappia riconoscerne le qualità.
Anche oggi, come nell’antica Roma, il popolo è volubile, dimentica facilmente, ama sentirsi cercato e lusingato, ma soprattutto vive di promesse, specialmente irrealizzabili. Quando J. F. Kennedy fu eletto presidente degli Stati Uniti nel 1961, uno dei primi commenti del suo rivale repubblicano, il futuro presidente R. Nixon disse: gli Americani hanno scelto Kennedy perché vorrebbero essere come lui (belli, ricchi, famosi), mentre nella realtà sono come me. Parole amare, ma vere. La gente ama illudersi che si possa stare sempre meglio. Desiderio che, il più delle volte, si scontra con una realtà ben diversa.
I buoni propositi di un candidato, spesso, tuttavia, naufragano per l’incapacità dell’elettore di comprenderne il messaggio.
“Se volessimo capire in cosa consiste davvero la razza umana, dovremmo solo osservarla in tempo di elezioni”, affermava M. Twain.
Forse, oltre a scrivere manuali sul buon candidato, sarebbe altrettanto utile e importante formare il buon elettore, che sia capace di dotarsi di una classe politica capace ed onesta, necessario al buon funzionamento della Cosa Comune.
A cura di Marco Vitale