C’era una volta il Patto del Nazareno

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C’era una volta il Patto del Nazareno – È evidente che la scelta di Renzi di eleggere Mattarella, pur sapendo che la personalità democristiana non avrebbe mai ricevuto i voti di Berlusconi, segna la fine del Patto del Nazareno, cioè di quella collaborazione, fra Forza Italia ed il Premier, che ha consentito – dallo scorso mese di gennaio – di realizzare un percorso riformatore importante, che ha avuto momenti significativi nel varo – al Senato – della nuova legge elettorale e nell’approvazione – in prima lettura – della bozza di riforma della Costituzione.

Chiaramente, la decisione renziana di procedere, in modo unilaterale, nella battaglia per il Quirinale non può che indurre Forza Italia a svincolarsi dal Patto, per cui – da questo momento in poi – le fortune del Governo non potranno che essere autonome e sciolte dalla collaborazione con Berlusconi, che legittimamente si sente tradito da un alleato, a cui ha consentito molto più di quanto fosse ragionevole fare, tanto più all’immediata vigilia di un appuntamento fondamentale, qual è – appunto – l’elezione del prossimo Capo di Stato.
Per mesi, ci siamo chiesti quale fosse la merce di scambio in favore di Mediaset, perché il Cavaliere – in modo, politicamente, avventato e masochistico – facesse tante concessioni al suo partner.
La decisione di Renzi scioglie, a questo punto, qualsiasi nostro dubbio, visto che il suo cinismo gli ha permesso di utilizzare i voti di Forza Italia, quando ne aveva bisogno, salvo poi scaricare Berlusconi nella fase più delicata della presente legislatura, quando noi tutti ci saremmo aspettati la giusta continuazione di un percorso – politico ed istituzionale – condiviso dai due principali partiti dell’odierno Parlamento.
Peraltro, il patròn di Mediaset, sedotto ed abbandonato dal Presidente del Consiglio, vive una difficoltà enorme, dato che i suoi compagni di partito – da Fitto a Capezzone – molte volte gli hanno suggerito di non fidarsi del Premier ed, ora, non possono non fargli notare gli enormi errori di strategia commessi, che relegano Forza Italia in un angolino, da cui potrebbe riemergere solo se, nelle prossime ore, fosse capace di mettere in scena una mossa in grado di mutare, in proprio favore, le criticità attuali.
Infatti, l’elezione di Mattarella apparirebbe scontata; solo un evento eccezionale può scompaginare l’ordine presunto degli avvenimenti.
L’eventuale candidatura di un leader democratico di origini diessine potrebbe essere la novità risolutiva, che può ideare Berlusconi, il quale – con un vero e proprio coup de théâtre – dovrebbe tentare di generare un po’ di confusione fra i parlamentari del PD, che voterebbero domani per Mattarella in maniera non entusiasta.
In assenza di un fattore di tale importanza, la fine politica del Cavaliere sarebbe sancita in modo ufficiale.
Egli non potrebbe che perdere il suo partito, dato che la minoranza fittiana non ha altra scelta che legarsi al carro di Salvini e della Meloni, mentre Verdini e gli altri personaggi, vicini in questi mesi a Berlusconi ed assertori del dialogo fra PD e Forza Italia, avrebbero la sponda sicura del renzismo, pronto ad accoglierli, visto che sarebbero – ormai – privi del loro riferimento partitico.
Noi, invero, non crediamo al fatto che la partita sia, già, chiusa.
L’exit strategy per il patròn di Mediaset c’è tuttora, per quanto non sia facile individuare un papabile per il Quirinale fra gli ex-diessini, che voteranno Mattarella per mera lealtà al Partito, ma non esprimono entusiasmo per l’elezione dell’esponente siciliano.
D’Alema, Veltroni, lo stesso Bersani, sono tutte personalità che, in questi anni, hanno coltivato il desiderio di ascendere alla massima carica dello Stato, sapendo bene che l’occasione del 2015 è l’ultima – ancora – catturabile, dato che – fra sette anni – sarebbe troppo tardi per molti di loro, anche per ragioni di natura anagrafica.
Pertanto, stuzzicare l’aspirazione legittima di chi non vuole rinunciare all’ultimo significativo avanzamento di carriera, non solo sarebbe utile in termini tattici, ma soprattutto garantirebbe a Berlusconi di esperire l’ultimo atto di audacia nel corso del proprio percorso istituzionale, volto a capovolgere rapporti di forza, che sembrano consolidati, ed in particolare ad agitare le acque in un partito, il PD, la cui vita interna è arrivata – ad un tratto – ad una dimensione irenica, che invero appare solo di facciata.
Berlusconi avrà gli strumenti – politici e mediatici – per tentare l’ultima impresa disperata, onde evitare di morire sul campo, vedendosi accollare gli attributi infami dell’incompetenza e dell’ingenuità?
Crediamo che le prossime ore ci potranno dire qualcosa di interessante, visto che, nella partita del Quirinale, si decide il destino di personalità, che vantano un curriculum almeno trentennale, che certo non può andare distrutto per mano di Renzi, mai apparso così intrepido e – spietatamente – cinico, come nei giorni scorsi.

Rosario Pesce

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