Le aree interne rappresentano una parte ampia dell’Italia, circa i tre quinti di tutto il territorio nazionale. Non poco insomma, a ben vedere. Approfondendo meglio la questione però ci si rende conto che nelle aree interne vive poco meno di un quarto della popolazione italiana. Quella popolazione tenace, fortemente legata al territorio, ma distante dai grandi centri di aggregazione e di servizio. Sono tante le iniziative nate per combattere la caduta demografica che le aree interne stanno subendo. Sono tanti i giovani che, spinti da una offerta formativa e lavorativa scarsa, lasciano i territori delle aree interne della Campania.
Quando si pensa alle aree interne si pensa ai sapori, agli odori, alle tradizioni, alla natura. Si pensa all’artigianato e alle diverse iniziative messe in atto per provare a rivitalizzarlo. Si pensa agli allevamenti genuini, ma anche alla cultura bio che pian piano si sta diffondendo soprattuto tra le nuove generazioni. Si pensa ai giovani che non vogliono più andare via, non vogliono lasciare il proprio territorio, non vogliono abbandonare le proprie radici. Quei giovani che per restare si reinventano un lavoro investendo anche nella valorizzazione del proprio territorio. Perche’ e’ facile andare via, scappare per necessità: la cosa difficile e’ restare, combattere quotidianamente con la burocrazia e con le altre mille difficoltà del nostro Sud. Quei giovani figli delle aree interne che non voglio emigrare, che studiano e si formano a qualche centinaio di chilometri da casa.
Quelli che ritornano da esperienze all’estero: esperienze che formano e fanno apprezzare ancora di più le proprie radici. Esperienze che fanno vedere da una prospettiva diversa il territorio nel quale si e’ nati e cresciuti: lo si apprezza, improvvisamente. Ogni angolo, ogni sentiero, ogni albero, ogni tradizione. Tutto sembra diverso. Ma la valorizzazione del territorio, quello che molti cominciano a guardare da una diversa prospettiva, non può non passare dallo sviluppo culturale e turistico. Chi arriva nelle zone interne, magari anche per sbaglio, spesso resta colpito da tutto ciò che madre natura ci ha riservato. Verde, tantissimo verde, vigneti ed uliveti, boschi, sentieri e percorsi da invidiare.
L’impegno per far conoscere quello che ci circonda comincia ad aumentare, forse perché, nell’era digitale, ognuno può farlo con un semplice click. Una foto, un video, una condivisione e si raggiungono migliaia di persone. Una cosa inimmaginabile fino a un decennio fa. Ma da soli non si fa molta strada, le istituzioni sono fondamentali in tutto questo circolo virtuoso. E per guardare in casa nostra, questa visione ‘’salernocentrica’’ che la Regione Campania sta prendendo, preoccupa. Non perché Salerno non meriti, attenzione: lungi da me nel voler avvallare questa ipotesi. Ma stanziare 3 milioni di euro per l’evento ‘’luci d’artista’’ sembra effettivamente troppo. Tre milioni di euro, quasi 6 miliardi di lire.
Le luci d’artista di Salerno sono ormai un brand che attrae di per se’, un qualcosa che vive di luce propria in tutti i sensi. E sorprende ancora di più se si scopre che l’intero POC della Regione Campania, riguardanti i finanziamenti ai beni ed attività culturali da destinare agli enti locali, ha una copertura di 7 milioni di euro per l’intera Regione. Tre di questi stanziati per la sola città di Salerno. Alle aree interne, Sannio ed Irpinia per intenderci, quelle dei gusti, della storia millenaria, dei sapori e dei saperi, del verde e delle tradizioni, dei prodotti tipici, degli allevamenti e dei prodotti a km0, delle tradizioni e del folklore, a queste aree interne solo le briciole. La sommatoria dei finanziamenti delle province di Benevento ed Avellino non raggiunge le luci d’artista. Così e’, se vi pare.