Buona scuola atto secondo: ancora lontana la riduzione del gap scuola-lavoro
Restano le ultime giornate di vacanza per i giovani scolari di ogni ordine e grado, e con l’approssimarsi del mese di settembre, e l’avvicinarsi del giorno di rientro, inizia l’ormai consueto calvario per ragazzi, genitori, professori, dirigenti scolastici e personale vario.
La scuola italiana ha sempre avuto un ruolo importante nel sistema paese, e continua ad averlo nonostante le difficoltà, le inadeguatezze e le ritrosie di buona parte dei suoi attori principali. Quest’anno sembra tutto più subdolamente complicato, nonostante i proclami di semplicità e merito. In effetti la scuola vive tormenti continui, e le varie riforme in campo hanno provato a dare un volto più moderno a sistemi e metodi scolastici spesso anacronistici, puntando sempre e comunque a rincorrere i sistemi europei se non anglosassoni. E’ comune un’esperienza quella del calvario per trovare i libri di testo, la corsa depauperante al set scolastico più cool, la ricerca del completo da sfoggiare il primo giorno, tutta una serie infinita di tormentoni, a volte peggiori di quelli musicali.
Quest’anno scolastico inizia con la “buona scuola” atto secondo, un progetto di cui sembra essersi frainteso il nesso causale tra scuola e funzione scolastica. Dico questo perché dai tempi della Montessori la funzione della scuola è rimasta sempre quella di “acculturare” le nuove generazioni, depauperando le competenze e allungando il divario col mondo del lavoro. Quest’ultimo diventa sempre più ampio e rende incompatibili i giovani diplomati e le richieste delle attività produttive, ancor di più nel caso di attività commerciali. Nella mia esperienza umana, ho frequentato le scuole nei tempi, anni 70/80, quando la scuola era un dovere civico, complementare al lavoro, ed infatti la fine degli studi coincideva col periodo di lavoro presso la ditta di mio padre; col passar del tempo le cose si sono invertite, ed oggi si va a scuola e non si riesce a lavorare se non nello stagionale. Ancor meno attraente è il livello di competenza e professionalità che si raggiunge, e molti sono i ragazzi che devono sacrificarsi per apprendere i rudimenti di un mestiere o di un qualsiasi altro lavoro, che questa scuola non fornisce. Men che soddisfacente è l’annoso problema delle università, ove l’eccezione sono i curricula scientifici, per il resto il gap è significativo, e spesso i pochi geni che nascono in sede di studio sono costretti ad espatriare per avere un minimo riconoscimento.
Comprendere che la scuola e le varie realtà di studio (arte e mestieri, belle arti, istituti tecnici, etc.) sono il futuro del Paese è ancora lontano dall’essere compresa, la speranza è che presto, molto presto, ci si accorga che solo con una scuola a portata di lavoro si potrà risollevare la sorte del nostro paese. Per il momento arrivi l’augurio più sincero di una buona scuola a tutti gli studenti, di ogni ordine e grado.
Dott. Antonio Ansalone