Un museo per de Chirico, ne abbiamo parlato con Michela Femina degli “Amici del MdAO

Abbiamo rivolto alcune domande alla Prof. Michela Femina, degli “Amici del MdAO”, conoscitrice delle opere e della poetica metafisica di Giorgio de Chirico, relativamente all’imponente nucleo di opere che costituisce il “lascito che Isabella Far”, vedova del maestro, che nel 1990 donò alla “Fondazione Giorgio e Isa de Chirico”.

Dato che solo una piccola parte delle opere sono visitabili nella casa-museo di Giorgio de Chirico, a due passi da Piazza di Spagna (l’unico spazio espositivo a disposizione della Fondazione, tanto bello e suggestivo quanto limitato nella sua superficie), mentre la gran parte del lascito giace oggi all’interno di depositi, inevitabilmente sottratto alla pubblica fruizione.

 

Perché impegnarsi per l’esposizione di un gruppo di opere di Giorgio de Chirico?

Si tratta di una collezione di opere di grande rilevanza, non esposte alla pubblica fruizione, sono più di 500 i lavori del più grande maestro italiano del Novecento. Esse attualmente sono conservate all’interno di un “caveau” di sicurezza a cura della “Fondazione Giorgio e Isa de Chirico”.

Bisogna pur dire che la Fondazione ha fatto grandi sforzi per tenere aperta la casa-museo così come l’ha lasciata il maestro; ma lo spazio di cui essa dispone consente di esporre poco meno di un decimo dell’intero patrimonio che i coniugi de Chirico le hanno lasciato.  Noi degli “Amici del MdAO” consideriamo fondamentale la realizzazione a Roma di un museo dedicato alla Pittura Metafisica e all’opera di Giorgio de Chirico.

 

Da cosa è costituita la collezione della “Fondazione Giorgio e Isa de Chirico”?

La collezione delle opere d’arte della “Fondazione Giorgio e Isa de Chirico” costituisce un nucleo fondamentale, in cui sono rappresentati tutti i periodi creativi del maestro dagli anni ’20  fino agli anni ’70 del Novecento, propone tutti i generi ai quali egli si è dedicato. Il patrimonio è costituito da oltre 300 dipinti, circa 70 sculture (fra cui le terracotte realizzate negli anni ’40), molti disegni e incisioni.

Praticamente  c’è tutto de Chirico, anche se mancano le opere degli anni ’10 del Novecento. Di particolare rilievo sono le opere a carattere metafisico che de Chirico reinventò a partire dal 1968  fino al 1978, anno della sua scomparsa. Vi è l’esigenza di valorizzare e di rendere fruibile queste opere, magari con una serie di mostre in Italia e nel resto del mondo, per poi realizzare a Roma un museo.

 

Quale sarebbe l’importanza di un museo dedicato a Giorgio de Chirico?

Attualmente non esiste un vero e proprio museo dedicato a Giorgio de Chirico, il più grande artista del Novecento, a livello mondiale, con Picasso. Un museo è un centro di studio, di ricerca, di approfondimento, basti pensare al “Museo Van Gogh” di Amsterdam in Olanda o alla “Pinacoteca De Nittis” di Barletta (BT), o anche al “Museo Picasso” di Barcellona in Spagna (dedicati esclusivamente a Picasso esistono 3 musei in Spagna e un paio in Francia), giusto per fare alcuni esempi. Un Museo dedicato a de Chirico potrebbe raccogliere le 500 opere della Fondazione e reperirne altre magari con sponsorizzazioni, ect. Diverrebbe un centro di ricerca ed approfondimento sulla vasta opera artistica e letteraria di Giorgio de Chirico. Certamente sarebbe auspicabile una presa di coscienza da parte delle autorità della ricchezza delle opere della “Fondazione Giorgio e Isa de Chirico”, che potrebbero essere fruite dal vasto pubblico con la realizzazione un museo dedicato esclusivamente a Giorgio de Chirico e alla Metafisica.

 

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Giorgio de Chirico nacque a Volos in Grecia da genitori italiani il 10 luglio 1888. Nel 1906 si trasferì a studiare in Germania, a Monaco di Baviera, dove venne a contatto con la cultura tedesca del momento. Si interessò alla filosofia di Nietzsche, Schopenhauer e Weininger e fu molto attratto dalla pittura simbolista e decadente di Arnold Böcklin e Max Klinger. Nel 1910 si trasferì a Parigi dove divenne amico dei poeti Valery e Apollinaire, ma rimase estraneo al Cubismo, che in quegli anni grazie a Picasso, rappresentava la novità artistica d’Europa. De Chirico rimase estraneo alle avanguardie. In quegli anni dipinse molti quadri, fra i più celebri quelli denominati di “Piazze d’Italia”. Si tratta di immagini “di quinte architettoniche” che definiscono spazi vuoti e silenziosi. Vi è sovente la presenza di statue e in lontananza si vedono treni che passano. L’atmosfera magica di queste immagini le fa sembrare visioni quasi oniriche. Nel 1916, all’ospedale militare di Ferrara, de Chirico incontrò Carrà, e conobbe De Pisis, insieme a loro elaborò la teoria della Pittura Metafisica.

Il termine Metafisica nasce come allusione ad una realtà diversa che va oltre ciò che vediamo, così gli oggetti o gli spazi, che conosciamo dalla nostra esperienza, sembrano rivelare un nuovo aspetto che ci sorprende. E così le cose che conosciamo prendono l’aspetto di enigmi, di misteri, e di segreti inspiegabili.

In questo periodo, oltre agli spazi architettonici, entrano nei soggetti i manichini, questa forma umana, pur non essendo umana, si presta a quell’assenza di vita che caratterizza la pittura metafisica.

Dal 1918 al 1922 partecipa all’attività di “Valori Plastici”, mentre nel 1924 torna a Parigi dove frequenta il gruppo dei Surrealisti. Benché i surrealisti riconoscono in de Chirico il loro precursore, il pittore italiano non accettò mai di integrarsi nella loro poetica e soprattutto nel loro stile.

In seguito la sua pittura si rivolse ad una classicità barocca, sempre in chiave metafisica, che rimase comunque il suo principale “amore”. E alla pittura metafisica fece costantemente ritorno anche negli anni successivi, fino a quando morì a Roma il 20 novembre 1978, all’età di novanta anni.


 

 

a cura di Stefano Orga

 

 

 

 

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