Tumore: scoperto il modo per bloccarlo mediante la peptide

La peptide è un composto chimico in grado di riattivare una proteina che ha un ruolo fondamentale nello sviluppo dei tumori, la proteina p53 definita anche oncosoppressore p53, il quale stimolato dalla peptide causerebbe una rapida morte delle cellule cancerogene. A seguito di un importante e lunga ricerca alla quale hanno lavorato intensamente e sinergicamente ricercatrici dell’Università di Perugia, l’Università Cattolica di Roma, l’Istituto Regina Elena di Roma, l’Istituto europeo per la ricerca sul cervello (Ebri)-Rita Levi Montalcini e l’Università di Leuven in Belgio è stata scoperta nel campo della medicina una probabile cura per il cancro già pubblicata sulla rivista scientifica Cancer Research. Spiega Fabiola Moretti dell’Ibcn-Cnr che guida il gruppo di ricerca. “Questo peptide non funziona sulle cellule sane, ma solo su quelle tumorali che sono come una macchina accelerata. Attivando la p53 aumentiamo a tal punto la velocità della macchina che la cellula muore, ma senza danneggiare le cellule sane”. La divisione cellulare è un processo fondamentale e deve essere sotto controlloa ffinchè le cellule possano duplicarsi in modo sano e corretto, se qualcosa va storto e se quindi vengono identificati errori di DNA nella nuova molecola, la scissione viene interrotta per consentire la riparazione e l’oncosoppressore p53 è uno dei principali regolatori e responsabili di questo meccanismo di controllo, che non a caso è alterato in circa metà dei tumori. La proteina p53 è stata scoperta già oltre 35 anni fa, svolge dunque un ruolo fondamentale per la proliferazione cellulare la cui produzione incontrollata è stata associata a diversi tipi di tumori: carcinomi mammario, polmonare ed epatico, linfomi, leucemie e tumori cerebrali quali i glioblastomi.
Con questa scoperta, i ricercatori hanno identificato una nuova possibile cura e terapia per la cura del cancro. Dalla scoperta ora si dovrebbe passare al farmaco. Quindi saranno necessari ulteriori studi rendere tale un vero farmaco. Fabiola Moretti afferma: “Questa scoperta potrebbe essere davvero la svolta. “Stiamo già ricevendo lettere e richieste da parte dei pazienti, ma per arrivare alla formulazione di un farmaco ci vorrà ancora del tempo”.