Argomento duro, difficile da trattare. Parlare della solitudine umana è mettere a nudo l’anima di una persona da cui esce fuori quella parte nascosta agli occhi del mondo. Oggi, più che mai, in una società iper tecnologica, dove siamo tutti interconnessi, sembra quasi che non vi sia tempo per sentirsi soli…Invece è proprio il contrario.
La scienza, la tecnologia, la religione e i nuovi stili di vita non sono riusciti a lenire o eliminare (e probabilmente non sarà mai possibile) una delle condizioni umane più importanti. Si preferisce “imbracarla”, contenerla. L’uomo viene tenuto impegnato, viene “distratto” dal suo io interiore. Non si vorrebbe dare il tempo di pensare alla propria condizione. Eppure, nonostante, questi sforzi, sempre di più avvertiamo il senso di solitudine.
La solitudine, lo specchio di una società social
L’incapacità di essere capiti o fasi capire, farsi amare per come si è e non per come si vorrebbe che si fosse è probabilmente l’afflizione peggiore che alberga in ognuno di noi. Quasi sempre ci si sta insieme non per amore, affetto, ma per paura di restare soli. Certamente, questa condizione umana, è ancora un argomento di studio relativamente giovane. La sociologia e la psicologia, in merito, hanno sempre cercato origini e soluzioni a ad un malessere che, oltre ad affliggere lo spirito, diventa un serio problema sociale.
Tutti, durante l’arco della propria vita, hanno sperimentato questo stato d’animo che, per molti artisti e pensatori è anche una fonte di ispirazione. “La solitudine ha morbide mani di seta, ma con forti dita afferra il cuore e lo fa soffrire. La solitudine è alleata del dolore come pure una compagnia di esaltazione spirituale”, affermava K. Gibran.
La ricerca della felicità passa quasi sempre attraverso un cammino tortuoso, fatto con se stessi, interrogandosi su cosa è veramente per ognuno di noi la felicità, cosa non fa sentirci soli. E’ un percorso che non tutti sono capaci di affrontare. In fondo l’uomo è un animale sociale, fatto per stare in mezzo ai propri simili, presente nel nostro comune Dna. Anche la paura lo è e, a volte, a vincere è quest’ultima facendoci compiere scelte sbagliate e deleterie. Spesso ci si sente porre questa domanda: non hai paura di restare solo? Soltanto chi ha raggiunto una piena coscienza di se e di quello che vuole sa che non sceglierà mai qualcuno/a solo per compagnia o farà qualsiasi cosa solo per non “pensarci”.
Nella scena finale del film “il Tormento e l’estasi” Il papa Giulio II chiese a Michelangelo appena completata la Cappella Sistina, cosa gli avesse insegnato quell’esperienza, Michelangelo rispose: che non sono solo, l’umanità non è sola. Ecco mi piace pensare che soltanto amando quello che facciamo e soprattutto scegliendo quello che ci fa stare bene, in quel caso non saremo mai soli. In nessun luogo l’uomo può trovare un rifugio più tranquillo o più serena che nella sua anima. (Marco Aurelio). A cura di Marco Vitale