Una guerra, un orrore infinito, una tragedia che non si placa, storie, esistenze, quelle dei migranti che continuano a morire nel Mediterraneo. Dal 2000 al 2014 sono morti in mare circa 24.000 persone, quel mare che unisce l’Africa all’Italia del sud e che pare essere il più pericoloso, quella rotta di cui sentiamo spesso parlare tra Lampedusa e l’Africa. Costante nel loro tentativo di salvezza è lo sfruttamento praticato dagli scafisti che rendono l’essere umano non un fine ma un mezzo. I trafficanti organizzano tutto come si deve, anche su facebook, diventando agenti di viaggio , ultima invenzione le “navi fantasma”, affari da capogiro, immigrati abbandonati a poche miglia dall’arrivo, alla deriva e in
attesa di soccorsi, tutto, per loro, è andato come previsto sin dall’inizio. Gli affari messi a segno con dettagli che fanno tremare dalla paura e a Gallipoli, a Lampedusa così come a Corigliano Calabro non è certo accettabile umanamente che queste persone vengano abbandonate al loro destino. Si tratta di vite, di bambini che fuggono dall’inferno e dalla propria patria non perché vorrebbero ma perché costretti a farlo. Miseria, paura , sgomento, chi è in grado di dirci come ci si sente? Ma la preoccupazione più grande è l’emergenza, il controllo. Pur non essendo rilevanti in tal senso, perché ogni persona decide di scappare dalla fame, dalla tortura, dalla persecuzione, si guardano e si osservano le percentuali e i dati ufficiali che favoriscano la fortezza e l’allontanamento dal nostro paese e allora non ha senso interrogarsi più su nulla, non ha senso nessuna delle storie d’immigrazione che abbiamo raccontato e approfondito sui libri di storia. Per quanto mi riguarda immagino la tempesta, la deriva, la mancanza di cibo, il panico, il pianto e di fronte a tutto questo, in mezzo a delle isole greche, piuttosto che italiane, non c’è nessuna fortezza che regga, non c’è nessun controllo che fermi la salvezza ed il riscatto.
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