La produzione relativa alle arti visive del protagonista del Novecento Francesco Cangiullo è sufficientemente limitata, ma comunque ricca di spunti per comprendere l’arte italiana e più specificamente quella napoletana nel secolo breve.
Come pittore e scultore esordisce in un’importante mostra nel 1914 a Roma presso la Prima Esposizione Libera Internazionale Futurista, sia con dipinti, realizzati insieme con Filippo Tommaso Marinetti, con Giacomo Balla e con entrambi, sia con sculture di oggetti. La pittura di Francesco Cangiullo fu essenzialmente improntata ad una sorta di realismo critico, seguendo per taluni aspetti l’opera di Luigi Crisconio, ciò soprattutto dagli anni dieci sino alla fine degli anni quaranta, escludendo in parte il periodo futurista dal 1913 al 1924.
Nei lavori pittorici di questo periodo si espresse come un documentatore attento, soprattutto per gli scorci di città, principalmente di Napoli e di Parigi, ed in alcuni rari ritratti.
Dagli anni cinquanta entrò a contatto con i post-macchiaioli ed i cosiddetti labronici di Livorno, grazie alla sua allieva Mena Joimo, in tal modo la sua pittura divenne, per taluni aspetti, vicina a quella post-impressionista.
In alcune opere di questo periodo si denota con una “spietata” ed ironica fissità nel descrivere certe situazioni ed alcuni paesaggi.
Con il trasferimento a Livorno, nei primi anni sessanta, riprese una la produzione pittorica che fu relativamente più cospicua. Negli anni settanta del Novecento con la tecnica dell’acquarello si accostò al “mondo dell’astrattismo classico italiano” con delle opere molto interessanti e cariche di fascino con una liricità delicata e curiosa.