Ricerca pubblicata su Nature scatena la paura in Gran Bretagna. Gli esperti Italiani assicurano: “Solo un passo in più nella ricerca e un nuovo punto di vista da esaminare, nessuna paura”
L’Alzheimer una delle malattie più devastanti esistenti potrebbe essere stata ‘trasmessa’ in 6 pazienti, in una particolare situazione legata a procedure mediche, attraverso la somministrazione dell’ormone della crescita estratto da un cadavere portatore e contaminato con le proteine responsabili della malattia. Lo studio è stato condotto su 8 pazienti e pubblicato sulla rivista Nature. Tecnicamente potrebbe esserci una mutazione come già accaduto in passato con la malattia Creutzfeldt-Jakob, diventata celebre in una delle sue tanti varianti nel periodo mucca pazza.
I ricercatori dell’University College London, che firmano il lavoro, hanno osservato la patologia beta-amiloide nella materia grigia e nelle pareti dei vasi sanguigni – caratteristica della malattia di Alzheimer e della correlata angiopatia amiloide cerebrale – nel cervello di pazienti deceduti che avevano contratto la malattia di Creutzfeldt-Jakob dopo aver seguito trattamenti con ormone della crescita umano contaminato da prioni.
Anche gli 8 individui analizzati dai ricercatori britannici sono morti per la malattia di Creutzfeldt-Jakob causata dall’ormone della crescita estratto dall’ipofisi di cadaveri e in 6 casi l’autopsia ha rivelato che nel cervello erano presenti i segni tipici della malattia di Alzheimer, ossia le placche della proteina beta-amiloide. A rendere ancora più singolare la scoperta è il fatto che i 6 individui erano relativamente giovani (fra 36 r 51 anni) per essere colpiti dall’Alzheimer.
L’ipotesi è che le ipofisi dalle quali era stato estratto l’ormone della crescita fossero state contaminate anche con tracce di proteina beta-amiloide e che queste possano avere prodotto nel cervello le placche tipiche dell’Alzheimer. L’ipotesi dei ricercatori è che le persone sane trattate in passato con l’ormone della crescita estratto da cadaveri e contaminato potrebbero essere a rischio di sviluppare la malattia di Alzheimer durante l’nvecchiamento. Non ci sono invece indicazioni, sottolineano gli autori della ricerca, che l’Alzheimer possa essere trasmesso in circostanze normali.