Dopo la scrupolosa ricognizione con i sindaci irpini, l’attivo amministratore Ciarcia ha convocato per i prossimi 20 e 21 dicembre un’assemblea dei soci in cui i sindaci dovranno deliberare se aderire o meno all’aumento di capitale della societa’ idrica irpina. In caso contrario per evitare il fallimento dell’Ente si dovranno aprire le porte della societa’ ai privati, come Acea che e’ allertata a subentrare gia’ dall’anno 2015.
L’Alto Calore spa ha una situazione debitoria vicina ai 140 milioni, controbilanciata da una sessantina di milioni di crediti ritenuti per la quasi totalita’ inesigibili, tanto che la societa’ di recupero “Crearci” ad oggi ne ha recuperato solo tre. La situazione economico finanziaria e’ stata accertata d’altronde dallo studio Pozzoli, cui era stata commissionata un’analisi contabile qualche tempo fa.
Ultimamente vi e’ stato anche l’increscioso incidente della condotta di Cassano, la cui rottura ha causato un maxi allagamento in zona ed ha messo in difficolta’ 87 comuni della provincia (di cui 73 irpini e 14 beneventani); e questo e’ il risultato clamoroso delle cattive condizioni in cui versano le condotte dell’ente idrico che andrebbero rimodernate e manutenute al meglio. Non aleggia molto ottimismo sull’adesione dei sindaci che pure a loro volta navigano tra mille difficolta’ e con i bilanci in rosso nei loro comuni.
Qualche sindaco, ad esempio Vanni di Altavilla, ha avanzato l’idea di cedere le condotte adduttrici alla Regione Campania. Ma vi sono dubbi se questa pista sia percorribile in quanto serve liquidita’ immediata all’Ente per lavori urgenti. Per conto della Regione il vicegovernatore Bonavitacola ha avvertito che in caso di mancato approvazione da parte dei Comuni l’Alto Calore non potra’ piu’ usufruire dei fondi regionali.
Certo la mancata delibera dell’aumento di capitale aprirebbe le porte ai privati, in barba al risultato del referendum sull’acqua che nel 2011 aveva decretato il favore degli italiani alla gestione pubblica della risorsa idrica, denominata anche “oro blu”. Si sono negli anni ripetuti bei discorsi e buoni propositi da parte di politici ed amministratori in ossequio alla volonta’ popolare; ma a cio’ non e’ corrisposta un’adeguata accuratezza nella gestione di questa preziosa e necessaria risorsa che fin dai primi anni duemila e’ stata oggetto di sprechi e dissennatezza.
Pertanto se i sindaci risponderanno negativamente all’aumento di capitale l’Alto Calore, per evitare un fallimento che coinvolgerebbe gli stessi Comuni in quanto soci, dovra’ mettere sul mercato quasi il 50% delle quote. In tal modo subentreranno i privati (Gesesa del gruppo Acea) con iniezioni di capitali ed ovviamente di partecipazione alle decisioni piu’ importanti per il futuro dell’Ente.