Si scrive inappropriatezza diagnostica, si legge caos medico. Perché la bozza presentata ieri, 22 settembre 2015, dal Ministro della sanità Lorenzin, non è null’altro se non l’epifenomeno della gestione organizzativa della diagnostica di elezione e di emergenza che sconvolge la popolazione di ogni grado, dal paziente al medico di famiglia, dallo specialista ai direttori sanitari.
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La proposta di tagliare 208 prescrizioni (e tra queste diverse indagini radiologiche), potrebbe avere un effetto restrittivo sul medico di famiglia, che progressivamente negherà le prescrizioni ai pazienti, un effetto esplosivo sulla mente del paziente, che, quando possibile pagherà la prestazione da privato e un effetto devastante sulle strutture di emergenza, già gravate da un peso di prestazioni (spesso non appropriate) che hanno più il sapore del tentativo di protezione medico-legale che di effettiva necessità diagnostica. Entro domani i medici dei sindacati si esprimeranno in merito alla proposta, che include tagli anche a numerose prestazioni di laboratorio e in particolare ad indagini genetiche, per poi passare alla Conferenza Stato-Regioni.
Se da un lato i Medici di Medicina Generale vivono con la spada di Damocle della responsabilità patrimoniale per prescrizioni diagnostiche e terapeutiche inappropriate, diventando così un facile bersaglio degli Organi di Controllo, dall’altro le strutture accreditate vivono un progressivo “taglio” ai mesi di lavoro in convenzione.
In sintesi, il paziente che per una prescrizione specialistica deve eseguire un esame RM arto rischia di non ricevere l’agognata impegnativa dal suo medico di famiglia e, nel caso in cui l’ardua impresa riesca, giunto in un centro di Diagnostica rischia di dover pagare la prestazione per il Blocco Convenzioni che ormai, almeno in Campania, si verifica ogni anno da settembre a dicembre.
Quale sarà l’atteggiamento del paziente? Il paziente A si recherà direttamente al centro diagnostico chiedendo di pagare la prestazione per intero, il paziente B tenterà favoritismi tra parentele di paramedici e parcheggiatori abusivi di zone ospedaliere, il paziente C resterà a casa, attendendo con ansia il nuovo anno per eseguire l’esame. E poi rimane il paziente D, il più temuto dai turnisti ospedalieri, che indignato dalle tasse che versa quotidianamente, o orgoglioso della tessera sanitaria appena ricevuta, dopo una cittadinanza attesa per anni, decide di presentarsi nel pronto soccorso più vicino per narrare vicissitudini personali, col tentativo di eseguire un esame gratuitamente, magari unito ad una consulenza specialistica e, preferibilmente, “almeno” con un codice verde. Perché il codice bianco rimane in disparte nei pronto soccorso come la pecora nera di un gregge di viandanti ospedalieri.
Cosa ci rimarrà delle prestazioni non erogabili? Un medico di famiglia minacciato dal Servizio Sanitario Nazionale, che rischia di rispondere economicamente a prestazioni inappropriate, pazienti sempre più disorientati e presidi di pronto soccorso presi d’assalto, col rischio di sottostimare subdole emergenze nel mare magnum di sordi dolori ubiquitari.
E dietro tutto ciò il paziente più astuto che è riuscito in qualche modo ad eseguire gli esami richiesti, magari non ha ricevuto una diagnosi. Perché gli esami eseguiti non erano quelli giusti.
Qual è la proposta: un “TRIAGE AMBULATORIALE RADIOLOGICO”: il paziente, dopo un quesito clinico formulato dal medico di famiglia o dallo specialista, giunge all’accettazione della Radiologia Diagnostica, ove personale accreditato riporta l’indagine di primo livello da eseguire o eventuali approfondimenti diagnostici, dopo consulenza di esami eseguiti in precedenza. Soltanto così, e preferibilmente con la dematerializzazione (possibile anche con una tessera sanitaria comprensiva di tutte le prestazioni che un paziente ha eseguito nel corso degli anni), sarà possibile ridurre il numero di esami inappropriati, evitare tentativi di frode (non dimentichiamo il dramma delle assicurazioni e dei sinistri stradali), e consentire al paziente di ottenere ciò che spesso, purtroppo manca: una DIAGNOSI.
Av, 23 settembre 2015
Graziella Di Grezia